Dall’8 al 16 agosto a Berchidda (Ss) e altri centri del nord Sardegna
la trentaseiesima edizione di Time in Jazz all’insegna di “Futura”.
Tra i protagonisti del festival diretto da Paolo Fresu
Tullio De Piscopo, Malika Ayane, Eivind Aarset, Guano Padano,
Farafina, Dhafer Youssef, Roberto Ottaviano, Gianni Cazzola,
Savana Funk con Willie Peyote,
Colle der Fomento con Kaos & Dj Craim e La Batteria.
Tanta musica ma anche mostre, presentazioni di libri e incontri con gli autori,
attività per i bambini e
altro ancora nel ricco cartellone.
*

Sarà ancora una volta denso di eventi e variegato di proposte non solo musicali l’appuntamento della prossima estate con Time in Jazz. Alla sua trentaseiesima edizione, il festival ideato e diretto da Paolo Fresu si snoderà come sempre tra la sua Berchidda (Ss) e gli altri centri del nord Sardegna dove farà tappa con la sua carovana di concerti, trovando ogni volta scenari differenti, tra borghi, paesaggi campestri e scorci marini: Arzachena, Banari, Bortigiadas, Buddusò, Budoni, Cheremule, Loiri Porto San Paolo, Luogosanto, Mores, Oschiri, Porto Rotondo, Puntaldia, San Teodoro, Tempio Pausania e Tula.

Time in Jazz si presenta quest’anno nel segno di Futura, titolo e spunto presi in prestito dall’omonima canzone di Lucio Dalla, con l’idea di abbracciare idealmente diverse età; perché, spiega Paolo Fresu nelle sue note di presentazione (citando un verso del grande cantautore bolognese: “Chissà domani su che cosa metteremo le mani e se si potrà contare ancora le onde del mare”), «Futura è un progetto d’amore sognato con la complicità di un muro innalzato da due superpotenze che, nonostante tutto, non cancellano quel bisogno di emozione e di pathos nonché di condivisione che alimenta le nostre vite. Un bisogno che permea e attraversa le differenti generazioni alle quali vogliamo dedicare il tema di questa edizione, la numero trentasei, di Time in Jazz.

Lo facciamo utilizzando lo strumento che meglio conosciamo: la musica che, da sempre, è la portavoce delle istanze e dei bisogni giovanili nonché la voce narrante delle loro speranze.

Futura è visione e coraggio. Quello del poter affrontare un presente complesso che mai avremmo immaginato di dover vivere e che va condiviso nel crossover generazionale e con quell’apertura che è del jazz in quanto musica meticcia e attuale».

Incrocio di generazioni e di generi musicali diversi, jazz ma non solo: saggi emblematici di questa idea di crossover, i GuerzonCellos, duo bolognese composto da Enrico e Tiziano Guerzoni, padre e figlio, che suonano il violoncello in modo eclettico e originale; e poi “popOFF!”, il progetto (già consegnato alle tracce dell’omonimo album) con cui Paolo Fresu e la cantante Cristina Zavalloni rendono omaggio in chiave jazz alle canzoni dello Zecchino d’oro; nella stessa chiave di incrocio fra diverse generazioni spicca il duo del sassofonista Roberto Ottaviano (classe 1957) con il ventinovenne chitarrista inglese Rob Luft, come anche il quintetto che riunisce quattro giovani musicisti intorno alla batteria di un autentico senatore del jazz italiano, Gianni Cazzola (classe 1938): una delle tante dimostrazioni di come questa musica non conosca limiti di tempo e di età, praticando da sempre quello scambio tra generazioni che ne costituisce la linfa vitale.

Il termine crossover calza bene anche a un altro specialista di piatti e tamburi, Tullio De Piscopo (classe 1946), batterista che ha incrociato nel corso della sua lunga e variegata carriera artisti del calibro di Pino Daniele, Astor Piazzolla, Chet Baker, Max Roach, Gerry Mulligan, tra i tanti: “Dal blues al jazz con… andamento lento”, come recita il titolo del suo concerto che l’8 agosto a Puntaldia farà da ouverture alla nove giorni di Time in Jazz.

Altri incroci sono quelli fra stili e generi musicali che proporranno altri protagonisti del festival: Il pianista Francesco Cavestri col suo progetto di incontro fra il jazz e l’hip-hop; i Colle der Fomento, tra i gruppi rap italiani più influenti, che con Kaos & Dj Craim e il quartetto romano La Batteria daranno vita a Good Old Boys Grand Orchestra”; Giovanni Iacovella con la sua performance audiovisiva; il quartetto d’archi Alborada con Dj Cris; Dhafer Youssef con il suo oud tra Oriente e Occidente; i Savana Funk con il rapper e cantautore Willie Peyote.

Diverse protagoniste femminili, anche quest’anno, nel cast del festival: Malika Ayane, al centro di uno degli appuntamenti immancabili di ogni edizione: l’omaggio a Fabrizio De André a L’Agnata; la cantante Serena Brancale; la pianista Sade Mangiaracina con un tributo a Lucio Dalla; la cantautrice e pianista Carolina Bubbico alla testa di un trio tutto al femminile.

Ma è davvero un cartellone fitto di nomi e di proposte quello del trentaseiesimo Time in Jazz: il flautista Nicola Stilo, il chitarrista norvegese Eivind Aarset, il gruppo Guano Padano, il trio Melodrum, il fisarmonicista francese Vincent Peirani, il gruppo africano (del Burkina Faso) Farafina, la Rusty Brass Band, l’organettista sardo Pierpaolo Vacca, il bandoneonista Daniele di Bonaventura; e poi gli ospiti degli appuntamenti dopoconcerto curati dal musicista berchiddese Nanni Gaias col suo trio: il beatboxer Alien Dee, il rapper sassarese Don Malo, il cantante e chitarrista emiliano Stefano Barigazzi; e ancora i protagonisti del FestivalBar, la vetrina di formazioni e solisti ospitata dai bar berchiddesi: TribalNeed, Federico Fenu, Gabriele Pollina, il duo Sprigu di Andrea Sanna e Marco Coa.

Tanta musica, jazz e non solo, dunque, ma anche mostre, presentazioni di libri e incontri con gli autori (tra gli ospiti la scrittrice Barbara Baraldi e Paolo Crepet), iniziative di promozione e sensibilizzazione ambientale, le attività per i bambini dell’ormai consueto spazio di Time to Children, e altro ancora, saranno una volta di più gli elementi del ricco mosaico di proposte del festival.

  • Al via martedì 8 agosto

Spetterà a Tullio De Piscopo il compito di aprire la ricca nove giorni di musica di Time in Jazz numero trentasei. Nel corso della sua lunga e variegata carriera il batterista napoletano, classe 1946, ha incrociato artisti del calibro di Pino Daniele, Astor Piazzolla, Chet Baker, Max Roach, Gerry Mulligan, tra i tanti; un cammino artistico sancito l’anno scorso dal Leone d’Oro alla Carriera assegnato dall’associazione Gran Premio Internazionale di Venezia; sessant’anni di musica “Dal blues al jazz con… andamento lento”, come recita il titolo del suo concerto che l’8 agosto al Golf Club Puntaldia (ore 18) farà da ouverture alla nove giorni di Time in Jazz. Il pubblico potrà ascoltare pezzi per sola batteria, i suoi storici assoli come “Drum Conversation”, dedicato sempre a Pino Daniele, standard jazzistici, brani tratti dai Pionieri del blues, qualche perla di successo dal suo repertorio pop e l’atmosfera dei caldi suoni del Mediterraneo e dei vicoli di Napoli come “Stop Bajon”, “Pummarola Blues” e “Andamento lento”.

Si resta sulla costa nordorientale per il secondo appuntamento della giornata inaugurale: alle 21:30 il Teatro all’aperto Mario Ceroli, a Porto Rotondo, punta i riflettori su Serena Brancale. Classe 1989, dotata di una duttilità vocale dal timbro scuro e graffiante, la cantante, polistrumentista e compositrice pugliese è riuscita a conquistare il grande pubblico con la sua partecipazione al Festival di Sanremo del 2015, dove ha presentato una versione raffinatissima del brano “Galleggiare”, contenuta nel suo album omonimo d’esordio. Una spiccata inclinazione a valicare i confini sonori e la sua continua voglia di ricerca, le consentono di manipolare con disinvoltura i diversi generi musicali. Il 9 agosto a Porto Rotondo, Serena Brancale proporrà al pubblico di Time in Jazz il suo progetto “Soula”, una versione “one girl band” del suo terzo e più recente album, “Je so accussì”, pubblicato giusto un anno fa a marzo. Un concerto in cui, accompagnandosi con pianoforte, loop station e batteria elettronica, mescola ironia e musica, parole e immagini, emozioni e vita da artista legando il pop al jazz e il R’n’b’ al soul.

  • Mercoledì 9

Mercoledì 9 ritorna un appuntamento ormai immancabile di Time in Jazz: la traversata marittima in musica a bordo della motonave della Sardinia Ferries in viaggio dal porto di Livorno a quello in terra sarda di Golfo Aranci; un appuntamento che si rinnova per il diciassettesimo anno consecutivo grazie alla collaborazione della compagnia delle navi gialle. Imbarcati stavolta i nove componenti della Rusty Brass Band, formazione a base di ottoni che predilige ritmi funk e rock, ma senza disdegnare sonorità balcaniche ed esotiche, e accenni alla tradizione classica, con l’ardito obbiettivo di fondere tra loro le più disparate culture “brass bandistiche” del mondo. Il pubblico del festival potrà averne un saggio nelle parate musicali che la Rusty Brass proporrà le sere successive per le vie e le piazze di Berchidda.

A tenere banco il 9 agosto sarà un altro evento imperdibile del festival, capace di richiamare a ogni edizione un pubblico foltissimo: il concerto in omaggio a Fabrizio De André proprio in quella che fu la sua residenza in Sardegna, a L’Agnata, nelle campagne intorno a Tempio Pausania. Un posto di grande bellezza, immerso nella natura, dove a rendere tributo al grande cantautore, sarà ancora una voce femminile: dopo Tosca, protagonista l’anno scorso, è la volta di Malika Ayane, cantante eclettica che vanta allori a Sanremo, dischi d’oro e di platino in bacheca, collaborazioni con illustri artisti, autori e produttori nazionali e internazionali, capace di riempire club e teatri con concerti sempre coinvolgenti e mai scontati. Il concerto, con inizio alle 18, è presentato da Time in Jazz con il sostegno di Bibanca. Al termine un “Aperijazz” offerto da Rau Arte Dolciaria e Lucrezio R.

  • Giovedì 10 agosto

La terza giornata del festival, giovedì 10 agosto, si apre alle 11 al Parco della Scienza di Cheremule con Meaningful Numbers, la performance audiovisiva di Giovanni Iacovella (classe 1996), batterista legato ai mondi dell’improvvisazione e della musica elettronica nel loro senso più ampio. Batteria, oggetti e live electronics per un insieme di tessiture sonore che abbracciano intricate poliritmie, noise iper-cinetico e texture astratte. Gesti, fisici e musicali, che trovano un secondo livello espressivo nei visuals che astraggono ulteriormente (o riportano al concreto), cercando in colori, forme e luce, una connessione tra il suono e la sua rappresentazione visiva.

I resti del Palazzo di Baldu, nel territorio di Luogosanto, faranno da cornice, alle 18, al concerto di Francesco Cavestri. Classe 2003, il pianista propone un progetto che affianca al repertorio jazz quello dell’hip-hop, muovendosi su diverse atmosfere musicali: dai brani originali del suo album “Early 17” (uscito l’anno scorso a marzo), ad altri appartenenti alla scena hip-hop, new-soul e jazz degli ultimi anni, fino a reinterpretazioni e tributi a giganti come Robert Glasper o John Coltrane, in una continua ricerca dell’innovazione e di un sound all’avanguardia. Con Francesco Cavestri (pianoforte, Nord Stage 3, Vocoder, sequenze) due musicisti tra i più promettenti della scena musicale hip-hop ed elettronica: il bassista Riccardo Oliva e il batterista Joe Allotta.

In serata, alle 21.30, la carovana del festival fa tappa ad Arzachena: di scena, nel complesso roccioso di Li Conchi, gli Unkle Kook, una band per lo più strumentale che spazia tra surf music, rock psichedelico, rock & roll, punk e calypso. Il gruppo nasce a Bologna nel 2019 da cinque musicisti provenienti da generi diversi ma con l’interesse comune per la surf music: Andrea Faidutti (chitarra/voce), Giuseppe Calcagno (chitarra/voce), Tommaso Quinci (sax tenore), Fabio Arcifa (basso/voce) e Manuel Franco (batteria/percussioni). Se la surf music è stata un punto di partenza, sicuramente non ne ha determinato un limite, lasciando spazio ad una composizione spesso sorprendente rispetto ai canoni di stile. Il suono resta molto elettrico, chitarre riverberate e un sax che si dà da fare a perdifiato. Una musica travolgente, energica, a cui è difficile resistere senza ballare, ma che si può anche gustare comodamente seduti – se non sdraiati, magari sotto un cielo stellato – lasciando correre l’immaginazione.

  • Venerdì 11 agosto

Da Bologna arrivano anche i GuerzonCellos, il duo composto da Enrico e Tiziano Guerzoni, rispettivamente padre e figlio, che aprirà la quarta giornata del festival, venerdì 11 agosto, all’ombra della Pineta di Sant’Anna, a Budoni. I due suonano il violoncello in modo eclettico e originale, con grande energia e virtuosismo: impegnati in interpretazioni furiose di classici barocchi e arrangiamenti creativi di brani jazz e rock, trasformano i loro concerti in performance altamente sofisticate. L’apice delle loro capacità tecniche e creative si trova nelle loro stesse composizioni quando Guerzoni padre e figlio mescolano influenze musicali dal diciottesimo secolo, elementi psichedelici, jazz, improvvisazioni e folk tradizionali.

La costa fa da scenario anche al concerto del pomeriggio: protagonista alle 18, a Porto Taverna, Carolina Bubbico. Classe 1990, la cantante, pianista, arrangiatrice e direttrice d’orchestra salentina, presenta dal vivo il suo terzo album di inediti, “Il dono dell’ubiquità”, con una formazione speciale, tutta al femminile: sul palco con l’artista salentina, voce leader e tastiera, due giovani e interessanti musiciste, anche loro pugliesi, Chiara Corallo e Aurora De Gregorio, entrambe alle prese con voce, drum pad e percussioni. Il live si distingue per la varietà di stili, a testimonianza della propensione di Carolina Bubbico a trovare sempre nuovi punti di incontro tra diversi linguaggi musicali esplorando in libertà universi sonori, creando chiaroscuri tra l’acustico e l’elettronico, tra ballabili groove, canzoni intime e sonorità world.

In serata, alle 21.30, si accendono per la prima volta i riflettori di piazza del Popolo a Berchidda. Ad aprire la serie di concerti in programma sul palco centrale del festival sarà “popOFF!”, un omaggio alle musiche dedicate ai bambini e all’infanzia, canzoni scelte dallo sconfinato repertorio dello Zecchino d’Oro e rielaborate in chiave jazz: autentici hit del genere, come “Carissimo Pinocchio”, “Quarantaquattro gatti”, “Il caffè della Peppina”, “Volevo un gatto nero”. “popOFF!” è il progetto (consegnato anche alle tracce dell’omonimo album) che Paolo Fresu ha voluto dedicare alla sua città d’adozione, Bologna, culla dello storico festival della musica per bambini, trovando nella cantante Cristina Zavalloni la complice perfetta, lei che, confessa, da piccola voleva proprio cantare allo Zecchino d’Oro. Ben coadiuvati da jazzisti come il sassofonista Cristiano Arcelli, il pianista Dino Rubino, il contrabbassista Marco Bardoscia e gli archi del quartetto Alborada, i due hanno dato forma a un progetto accattivante da ogni punto di vista, capace di richiamare momenti importanti della storia del jazz come, ad esempio, i tanti omaggi al mondo disneyano dove grandi protagonisti della musica afroamericana hanno interpretato brani poi divenuti storici nella filmografia per l’infanzia.

 

  • Sabato 12 agosto

Il pubblico del festival ritroverà in azione il quartetto Alborada l’indomani mattina alle 11, protagonista del concerto che inaugura la giornata di sabato 12 nella Chiesa della Santa Trinità a Bortigiadas.

Nato nel 1996, l’ensemble d’archi ha un repertorio che privilegia la musica contemporanea, dal ‘900 in poi, con particolare attenzione per gli autori minimalisti e alle composizioni originali scritte e arrangiate appositamente per il quartetto o dai suoi stessi musicisti: Anton Berovski e Sonia Peana ai violini, Nicola Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello.

L’attività dell’Alborada si è sviluppata subito in due direzioni distinte ma tra loro correlate: da un lato la ricerca e lo studio in funzione del continuo arricchimento del repertorio, partendo dagli studi classici di ognuno dei suoi membri; dall’altro le collaborazioni a progetti e musicisti attivi nel panorama della musica jazz, contemporanea e world music: David Linx, Diederik Wissels Paolo Fresu, Uri Caine, Sheila Jordan, Billy Drummond, Dafher Youssef, Roberto Cipelli, Attilio Zanchi, Ettore Fioravanti, Marco Bardoscia, Dino Rubino,Tino Tracanna, Rita Marcotulli, Maria Pia De Vito, Cristina Zavalloni, Cristiano Arcelli, Daniele di Bonaventura, Omar Sosa, Paola Turci.

Fra i contributi e gli ospiti speciali di “Éthos”, il loro album del 2010, compare anche Dj Cris, che il quartetto Alborada ritroverà in questo concerto e che sarà anche impegnato tutte le notti con i suoi dj set a Berchidda nello spazio dopoconcerto.

Tappa a Buddusò, nel pomeriggio, alle 18, nella Chiesa di Santa Reparata, per una produzione originale di Time in Jazz: protagonista Nicola Stilo, flautista dalla carriera quasi cinquantennale, cominciata nel 1974 con il gruppo di Musica folklorica di Dodi Moscati.

Da allora, il cammino di Stilo si è snodato attraverso tante esperienze alla guida di formazioni e progetti propri (il suo primo album da leader, “Errata Corrige”, è del 1995) e collaborazioni con jazzisti del calibro di Chet Baker, Franco D’Andrea, Furio Di Castri, Enrico Pieranunzi, Larry Nocella, Massimo Urbani, Enrico Rava, Maurizio Giammarco, Rita Marcotulli, tra gli altri, ma anche con musicisti di altri ambiti, come Toninho Horta, Mimmo Locasciulli, Tullio De Piscopo, Gianni Morandi, Nicola Conte, Mario Biondi, Sergio Cammariere e altri. Intensa e variegata la sua attività da solista come leader e/o come ospite nei più diversi contesti.

Nicola Stilo si presenta per la prima volta a Time in Jazz, e lo farà assieme a due ottimi musicisti con i quali ha già collaborato: Dino Rubino al piano e Marco Bardoscia al contrabbasso. Un progetto originale nato da un’idea di Paolo Fresu, un’occasione di incontro e confronto tra le differenti esperienze e sensibilità dei tre musicisti che proporranno un repertorio tra standard e composizioni originali.

Vuole essere un omaggio a Lucio Dalla, al quale il festival deve titolo e ispirazione di questa edizione, il concerto in solo che apre alle 21.30 la serata in piazza del Popolo a Berchidda: sul palco Sade Mangiaracina, talento in ascesa negli ultimi anni sulla scena jazzistica nazionale. Forte di una preparazione classica, coronata da allori in concorsi nazionali e internazionali, e poi di studi jazz con Massimo Moriconi e Danilo Rea, la pianista siciliana (è nata a Castelvetrano nel 1986) ha preso parte a molti progetti musicali, incidendo diversi dischi anche a suo nome.

Dal 2013 inizia a collaborare anche in ambito pop con Simona Molinari, Amara e Dionne Warwick, mentre continua a lavorare con jazzisti come Greg Osby, Fabrizio Bosso, Giovanni Tommaso, Massimo Moriconi, Luca Aquino e Francesco Bearzatti, tra gli altri.

Importanti sono poi le collaborazioni con la Med Free Orkestra, con la cantante algherese Franca Masu e con A’lmara l’orchestra delle donne arabe e del Mediterraneo provenienti da Egitto, Tunisia, Turchia, Siria, Kenya, Italia, Giordania. Spicca, nella sua discografia personale, “Madiba”, album del 2021 dedicato a Nelson Mandela che ha raccolto grande consenso dalla critica.

Riflettori puntati nel secondo set della serata sul quartetto intestato a uno tra i maggiori protagonisti della feconda scena musicale scandinava: Eivind Aarset, un chitarrista capace di assorbire e rispecchiare nel suo universo sonoro generi e stili differenti ma conservando sempre una sua cifra distintiva, e di spaziare da atmosfere di tranquilla intimità ad altre di bruciante intensità. Lo testimonia anche il suo nutrito e variegato elenco di collaborazioni accanto a musicisti di ambiti diversi, come Jon Hassell, David Sylvian, Jan Bang, Bill Laswell, Jan Garbarek, Arve Henriksen, Paolo Fresu, Marilyn Mazur, J.Peter Schwalm, Mike Manieri, Marc Ducret, Michel Benita, Martux_M, Stefano Battaglia, Michele Rabbia, Talvin Singh, Dhafer Youssef, Andy Sheppard e, soprattutto, Nils Petter Molvaer.

Il debutto discografico di Eivind Aarset come bandleader, “Electronique Noire“, del 1998, è stato definito dal New York Times “uno dei migliori album di jazz elettrico post-Miles”.

Pubblicato a settembre 2021, “Phantasmagoria, or A Different Kind of Journey” è invece il suo disco più recente; con lui alla chitarra e all’elettronica, i membri del suo quartetto, ovvero Audun Erlien al basso e i batteristi/percussionisti Wetle Holte e Erland Dahlen: gli stessi musicisti coi quali Eivind Aarset salirà sul palco di piazza del Popolo il 12 agosto.

 

  • Domenica 13 agosto

Una miscela vibrante di stili e sonorità in cui si fondono rock, country, blues, tex-mex, surf, improvvisazioni jazz e atmosfere da western alla Morricone.

È la formula che fa dei Guano Padano – in concerto la mattina del 13 agosto alle 11 alla Chiesa di Nostra Signora di Coros a Tulauna delle proposte più originali della scena musicale italiana degli ultimi tre lustri. Il trio di Alessandro “Asso” Stefana (chitarra), Danilo Gallo (basso) e Zeno De Rossi (batteria) si forma nel 2007 e due anni dopo battezza il suo primo album che vede le collaborazioni di Gary Lucas, Chris Speed, Bobby Solo e Alessandro Alessandroni. Pubblicato nel 2012, anche il secondo disco, “2, si avvale di partecipazioni di prestigio come quelle di Mike Patton, Marc Ribot e Paul Niehaus.

Ispirato all’omonima antologia di scrittori statunitensi curata da Elio Vittorini, nel 2014 esce Americana, mentre è del 2017 la partecipazione dei Guano Padano all’album di Sam Amidon “The Following Mountain“. Del 2021 è invece la testimonianza discografica più recente, l’EP “Back and forth“, impreziosito nel brano di apertura dal contributo di Bill Frisell.

Il concerto del pomeriggio vede di scena alle 18, nei pressi della Chiesa di Madonna di Castro, nella campagna di Oschiri, il trio Melodrum, formazione nata nove anni fa a Torino su iniziativa del batterista Francesco Brancato insieme al pianista Salvatore Spano.

L’idea di base è quella di costituire un repertorio di jazz contemporaneo che prenda spunto dal patrimonio culturale della musica europea, identificando nella tradizione del melodramma la sua summa identitaria artistica ed espressiva.

A partire dal 2015 entra in pianta stabile il contrabbassista Salvatore Maltana e, grazie anche alla partecipazione di alcuni tra i più significativi musicisti del panorama musicale europeo, il progetto si sviluppa nella sua forma attuale, collocandosi in vari ambiti artistici – jazz, classica, teatro e arti performative in genere – e coniugando sempre tradizione e sperimentazione.

Il trio ha all’attivo un lavoro diviso in tre parti sull’incontro della musica classica e il jazz: “Perspectives”, sulle arie d’opera (2015), “Tony’s Dream”, la musica di Antonio Vivaldi (2018), “The Man, The Earth and The Sky”, la sacralità nella musica (2023).

Vincent Peirani, al centro del set di apertura della serata in piazza del Popolo a Berchidda (ore 21.30), rappresenta una nuova generazione di musicisti jazz che rifiuta confini e limiti e, piuttosto che seguire i sentieri battuti, sceglie di esplorare nuovi campi, nuove strade nella musica.

Dopo il pioniere Richard Galliano, punta a continuare ad ampliare le possibilità del suo strumento, la fisarmonica. Ha lavorato con molti musicisti diversi.

Nel 2003 ha vinto il primo premio al Concorso Nazionale Francese “Jazz à la Défense” con il sassofonista Vincent Lê Quang, e da allora ha collaborato con Richard Bona, Wynton Marsalis, Renaud Garcia-Fons, David Krakauer, Daniel Humair, Youn Sun Nah, Michel Portal, Thomas de Pourquery, Louis Sclavis, Henri Texier e molti altri.

Da solo o in piccoli ensemble, la sua visione musicale disinibita e cosmopolita, il suo grande senso del crossover e del colore, lo hanno portato a ideare alcuni dei progetti più fantasiosi del momento.

A Time in Jazz il fisarmonicista francese si presenta in trio con il chitarrista Federico Casagrande e Ziv Ravitz alla batteria e alle tastiere: gli stessi musicisti che lo affiancano nel suo ultimo disco, “Jokers”, che dà il titolo al concerto.

Il secondo set della serata vede il ritorno a Time in Jazz di Dhafer Youssef, cantante e suonatore di oud (il liuto tipico della musica araba) che è riuscito a liberare lo strumento dal suo ruolo tradizionale e portarlo nel jazz. Nato nel 1967 a Teboulba, un villaggio di pescatori nella Tunisia centrale, e cresciuto a contatto con la musica e i canti tradizionali islamici, ha cominciato a scoprire le potenzialità della sua voce fin da piccolo.

Incontra il jazz a Vienna, dove si trasferisce a diciotto anni e intraprende un percorso che lo porterà a elaborare una propria cifra stilistica.

Già nei primi album, “Musafir” (del 1996) e “Malak” (1999), si apprezza la sua straordinaria capacità di sganciare l’oud dal suo ruolo più tradizionale per connetterlo ad altri generi musicali contemporanei e di coniugare in modo originale musica araba e jazz; una miscela che si arricchisce di altri suoni e colori con l’introduzione dell’elettronica negli album successivi, “Electric Sufi” (2001), “Digital Prophecy” (2003) e “Divine Shadows” (2006). “Abu Nawas Rhapsody” (2010) e “Birds Requiem” (2013) segnano un ritorno ad atmosfere più acustiche e jazz nel cammino artistico di Dhafer Youssef: un percorso accompagnato e spesso condiviso con artisti di vari ambiti e provenienze musicali, come Markus Stockhausen, Paolo Fresu, Nguyen Lê, Nils Petter Molvaer, Bugge Wesseltoft, Eivind Aarset, Zakir Hussain, Tigran Hamasyan, Ballake Sissoko, tra gli altri, ma anche di due “leggende” del jazz come Herbie Hancock e Wayne Shorter.

Dopo “Diwan of beauty and odd” (2016) e “Sounds of Mirrors” (2018) è di quest’anno la sua ultima fatica discografica, “Street of Minarets” che dà il titolo al concerto: con lui sul palco di piazza del Popolo, Mario Rom (tromba), Daniel Garcia (piano e tastiere), Souaeli Mbappe (basso elettrico), Shayan Fathi (batteria) e Adriano Do Santos (percussioni).

 

  • Lunedì 14 agosto

Tra i protagonisti dei concerti “in decentramento”, spicca la presenza di Roberto Ottaviano, nome storico del jazz nazionale, come certifica anche il recente riconoscimento di musicista italiano dell’anno 2022 al prestigioso Top Jazz, il referendum indetto dal mensile Musica Jazz tra i migliori esperti del settore. Classe 1957, sulla scena musicale da oltre quarant’anni, il sassofonista barese ha suonato e inciso con molti tra i più importanti musicisti europei e americani a cavallo tra diverse generazioni, da Mal Waldron a Giorgio Gaslini, da Pierre Favre a Kenny Wheeler, da Albert Mangelsdorff a Keith Tippett, tra gli altri.

Tra le formazioni che Roberto Ottaviano dirige attualmente ci sono il quartetto di fiati Astrolabio (con Gianluigi Trovesi, Glenn Ferris e Michel Godard), il quartetto Sideralis (con Alexander Hawkins, Michael Formanek e Gerry Hemingway) e il quintetto Eternal Love, col quale ha vinto il premio Pino Candini di Musica Jazz come miglior disco del 2020.

Il pubblico del festival potrà applaudirlo – il 14 agosto alle 11 nei pressi della chiesa di San Giovanni, a Mores – in duo con Rob Luft, giovane e pluripremiato chitarrista inglese che per il suo virtuosismo è stato paragonato a grandi nomi della sei corde come John McLaughlin, Al Di Meola e Paco De Lucia.

Nel pomeriggio (ore 18) il festival fa scalo al borgo di Banari per il concerto di Gianni Cazzola con lo Young Italian Quintet. Nei suoi sessantacinque anni di carriera musicale, il batterista (classe 1938) vanta innumerevoli e varie collaborazioni con artisti provenienti da tutto il mondo: Billie Holiday, Chet Baker, Lee Konitz, Franco Cerri, Lou Bennet, Luca Flores, Franco D’Andrea e molti altri. Definito da Arrigo Polillo come “l’Art Blakey italiano”, nella formazione in scena a Time in Jazz riunisce intorno a sé quattro giovani musicisti in un gruppo pieno di swing. Il quintetto, composto da Tommaso Profeta al sassofono, Attilio Costantino alla chitarra, Andrea Candeloro al pianoforte e Carlo Bavetta al contrabbasso, si cimenta nell’interpretazione di vari standard americani, per poi muoversi verso sonorità più pertinenti al periodo hard bop e proporre alcuni brani originali firmati da tutti i componenti, creando un percorso musicale all’insegna dello swing nella sua forma più genuina. Una delle tante dimostrazioni che il jazz non si pone limiti di tempo e di età, promuovendo da sempre un continuo scambio tra generazioni, che ne costituisce la vera linfa vitale.

È un atteso ritorno quello dei Farafina a Berchidda per il primo set (come sempre alle 21.30) della serata del 14 agosto in piazza del Popolo: il gruppo originario del Burkina-Faso sarà infatti nuovamente tra i protagonisti di Time in Jazz, dove sono già stati nel 1996 e nel 2002.

Da allora a oggi diverse cose sono intanto cambiate in casa Farafina, a cominciare dai suoi componenti – alcuni sono morti, altri hanno lasciato, avvicendati da nuovi e più giovani musicisti – ma la filosofia musicale di base rimane invariata: djembe, tama, chékere, sonagli e uno o due balafon danno vita a un gioco pirotecnico di ritmi e percussioni capace di coinvolgere il pubblico, mentre i canti intrecciano storie e melodie che traggono ispirazione dal ricco repertorio Mandinka.

Fondati nel 1978 dal maestro di balafon Mahama Konaté, i Farafina hanno conquistato una notorietà mondiale negli anni Ottanta e Novanta grazie alla loro capacità di espandere e aprire all’esterno la loro musica; un’apertura mentale che li ha portati a sperimentare nuove forme suonando e registrando con musicisti come Jon Hassell, i Rolling Stones, Ryuichi Sakamato, Billy Cobham, oltre a esibirsi su palchi prestigiosi come il Montreux Jazz Festival e al famoso mega concerto per il settantesimo compleanno di Nelson Mandela, l’11 giugno 1988 allo stadio di Wembley.

Il gruppo divenne un’icona di un genere musicale allora nuovo, la “world music”, e tale è rimasto anche quando il suo fondatore l’ha lasciato per dedicarsi alla sua attività di insegnante di musica. Perché Farafina è anche sinonimo di una scuola di musica e danza a Bobo-Dioulasso (la seconda città del Burkina-Faso per numero di abitanti) che costituisce un solido bacino di musicisti per un ensemble che si riforma e rigenera continuamente.

La seconda parte della serata in piazza del Popolo punta i riflettori sui Savana Funk formazione che incarna l’essenza della live band con jam incendiarie, groove irresistibili e un’invidiabile presenza scenica. Aldo Betto (chitarra), Blake Franchetto (basso) e Youssef Ait Bouazza (batteria) si incontrano a Bologna nella primavera 2015, e spinti da un’immediata sintonia umana e musicale decidono di formare la band. Iniziano subito a fare molti live, a sperimentare idee e scrivere musica. Il primo album “Musica Analoga”, autoprodotto, esce nel 2016, a febbraio 2017 il secondo, “Savana Funk”, il terzo a settembre 2018, “Bring in the New”, che raccoglie ottimi riscontri di pubblico e critica.

Crescono e si moltiplicano gli impegni live per questa band che trova sul palco la sua dimensione congeniale per apprezzare lo spirito del gruppo e la sua formula: una commistione di musica africana, funk, blues, rock psichedelico, influenze jazzistiche e melodie forti caratterizza tutto il loro repertorio. A giugno 2021 esce l’album “Tindouf” che apre la strada a una lunghissima tournée di oltre cento date in giro per il mondo, mentre è dello scorso ottobre l’ultima uscita discografica, “Ghibli”.

A Berchidda i Savana Funk si presenteranno in compagnia di Willie Peyote, considerato una delle figure più interessanti della scena indie nazionale: un incontro, quello della band bolognese con il rapper e cantautore torinese, fra due mondi apparentemente lontani, che proporrà il meglio dei rispettivi repertori ma anche pezzi inediti scritti per questo progetto che approda sul palco di Time in Jazz dopo una recentissima serie di date in club.

 

  • Martedì 15 agosto

Per Ferragosto, come da tradizione, Time in Jazz pianta le tende nella campagna poco fuori Berchidda. La mattina trascorrerà con una serie di appuntamenti sotto gli alberi intorno alla chiesetta di San Michele. Il primo, alle 10, è ormai un classico del festival e di Time to Children, la sua sezione dedicata ai bambini: “Gufo Rosmarino nel mondo di Amarilla”, una nuova storia della serie di racconti scritti e interpretati dall’attore e regista Giancarlo Biffi, con i contributi musicali di Paolo Fresu, della violinista Sonia Peana e della cantante Catia Gori.

A seguire, una tavola rotonda dal titolo esplicito, “L’organetto in Sardegna: generazioni a confronto”, che vedrà dialogare con il musicologo Fabio Calzia tre interpreti dello strumento a mantice così centrale nella musica tradizionale isolana: Totore Chessa,

 

a cura della redazione

Written by giovanni47