Tra terracotta, vecchi borghi non più esistenti e l’arrivo del design in zona, il recupero dell’area è all’insegna di un viaggio nelle sue stratificazioni architettonico/culturali, per riconnettersi al presente senza dimenticare la sua storia
Riqualificare è un’operazione culturale che si estende al contesto in cui un edificio è situato: così DFA Partners allarga il raggio d’azione ogni volta che scende in campo per traghettare a nuova vita l’esistente, confermando come il rispetto del genius loci sia un vero e proprio mantra per lo studio, un valore portante di tanti progetti affrontati e che oggi ispira quelli in progress.
Il quartiere che si estende attorno al carcere di San Vittore è noto a DFA Partners che proprio qui ha il suo headquarters e che in zona ha già portato a termine l’importante opera di rifacimento del Pio Istituto pei Figli della Provvidenza trasformato nel complesso abitativo Il Chiostro.
L’ex casa Candiani all’angolo tra Via Bandello e Via Vico, attualmente oggetto di un progetto di risanamento conservativo, è l’ultima vestigia di quello che un tempo era il villaggio di terracotta, una pagina importante della storia produttiva della Milano del XIX secolo. Il Borgo delle Oche, così era denominato il distretto, era, infatti, connotato dalla presenza della Carlo Candiani e C., l’azienda che ha prodotto le terrecotte e le statue del Museo di Storia Naturale di Milano inaugurato nel 1892. Un luogo suggestivo ed eclettico: all’interno del complesso residenziale e produttivo, all’angolo tra Via Vico e Via Bandello spiccava il palazzo padronale, tutt’ora esistente, concepito dall’arch. Luigi Broggi come un vero e proprio campionario-manifesto della produzione dell’azienda, tra lesene, bifore, colonnine, fregi, grottesche e statue in bella vista.
La zona, all’epoca un mix tra quartiere residenziale operaio e sito produttivo, si inseriva nella già urbanizzata area circostante di Via San Vittore e Corso Magenta che negli anni successivi confermerà la sua crescita. Nel tempo, lo spirito del luogo ha mantenuto la vocazione ad ospitare diverse attività manifatturiere senza stravolgere l’aspetto degli edifici, ancora oggi in parte residenziali e in parte sedi di attività legate al design e all’architettura, in maniera simile a quanto successo alle fabbriche dismesse nelle non lontane vie Tortona e Savona.
Dopo un ventennio di abbandono e degrado, Palazzo Bandello prenderà forma come un progetto di risanamento conservativo dove gli elementi ottocenteschi – internamente travi in legno, murature in mattoni a vista, le volte, ed esternamente ampie finestre impreziosite da cornici in cotto e caratteristici elementi ad arco – saranno valorizzati in un’ottica abitativa contemporanea.
Gli spazi del complesso abitativo non sono comuni per le grandi altezze e i tagli che ai piani alti prevedono bilocali e trilocali tra i 45 e i 70 mq, mentre sarà poi la domanda a comporre metrature maggiori ai piani sottostanti. In linea con quanto già avvenuto in altri edifici della Candiani, a piano terra i locali denotati dalle alte volte si apriranno alla creatività in un mix di design, oggi protagonista di via Bandello, moda e food experience.
a cura della redazione