La denuncia al centro del dibattito del terzo Italian Obesity Barometer Summit organizzato da IBDO Fundation con Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, OPEN Italia – Obesity Policy Engagement Network e IO-NET – Italian Obesity Network e il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Changing Obesity

Secondo le stime Istat, in Italia il numero di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda 1 minore su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento tra le persone di 18 anni e oltre, arrivando al picco nella classe 65-74 anni, con una prevalenza di 61,1 per cento

“L’obesità nel nostro Paese non è inserita nella lista delle malattie croniche, le prestazioni riguardanti l’obesità non sono inserite nei livelli essenziali di assistenza (LEA), non esiste una rete nazionale di cura per l’obesità, non esiste un Piano Nazionale sull’obesità: è il momento di cambiare nella lotta all’obesità!”. Questa l’accorata conclusione di un editoriale – a firma di Renato Lauro, Presidente IBDO Foundation, Andrea Lenzi, Coordinatore Open Italia, e Paolo Sbraccia, Vicepresidente IBDO Foundation – importante spunto di riflessione per il dibattito degli esperti riuniti in occasione del terzo Italian Obesity Barometer Summit: “Considerare l’obesità una priorità sistema del sanitario”. L’evento è organizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation con Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, OPEN Italia – Obesity Policy Engagement Network e IO-NET – Italian Obesity Network, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Changing Obesity.

Secondo le stime Istat, in Italia il numero di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età, tanto che se l’eccesso di peso riguarda 1 minore su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento tra le persone di 18 anni e oltre, arrivando al picco nella classe 65-74 anni, con una prevalenza di 61,1 per cento. «I tassi di obesità del nostro Paese avranno un impatto nel futuro di molte persone e per il nostro Sistema Nazionale Sanitario. L’obesità è la quinta causa di morte più frequente al mondo, associata a malattie gravi come diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, almeno 12 tipi di cancro, malattie epatiche e respiratorie. Nell’ultimo anno è anche emerso che le persone che sono in sovrappeso o che convivono con l’obesità e che contraggono il coronavirus hanno maggiori probabilità di essere ricoverate in ospedale, in un’unità di terapia intensiva e, purtroppo, di morire di COVID-19 rispetto alle persone normopeso», spiega Orazio Schillaci Rettore dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

«A causa della pandemia in corso, l’obesità è diventata una preoccupazione immediata per i nostri servizi sanitari e assistenziali, tanto che le persone con obesità sono state inserite tra categorie prioritarie da vaccinare in quanto ad “elevata fragilità” in correlazione al tasso di letalità associata a COVID-19 per danno d’organo preesistente o compromessa capacità di risposta immunitaria a SARS-CoV-2. Questo è sicuramente un traguardo importante per le persone con obesità, ma bisognerebbe riflettere sul fatto che nell’elenco stilato dal Governo delle 14 malattie degli “estremamente fragili”, l’obesità è l’unica a non essere una malattia cronica riconosciuta, ancora priva di un compiuto percorso di assistenza e cura da parte del nostro sistema sanitario», afferma Andrea Lenzi, Coordinatore Italia dell’Obesity Policy Engagement Network (OPEN) e Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

«La pandemia in corso ha evidenziato la fragilità delle persone con obesità e l’accesso prioritario alla vaccinazione è il primo vero riconoscimento ufficiale per quella che al momento non è considerata dalle nostre Istituzioni, ma anche dall’opinione pubblica e purtroppo a volte anche dal mondo scientifico, una malattia, ma una responsabilità personale dell’individuo che basta “mangi di meno e si muova di più”. Tra tutti gli aspetti terribili di questa pandemia, l’auspicio è che sia almeno servita per far ottenere i giusti diritti di tutela alle persone con obesità e che questa malattia fortemente invalidante continui a rappresentare una preoccupazione per il nostro servizio sanitario nazionale anche dopo questa fase emergenziale», dice Giuseppe Fatati, Presidente Italian Obesity Network – IO NET.

L’obesità è anche una malattia dalle forti implicazioni sociali perché spesso associata a uno stigma, che porta le persone che ne sono affette a essere discriminate nei rapporti sociali, nella vita scolastica e lavorativa e addirittura bullizzate e ridicolizzate a causa del loro peso corporeo, con importanti ripercussioni fisiche e psicologiche nelle persone con obesità. «Utilizzare il termine “malattia” oltre a portare a importanti implicazioni per le cure e i trattamenti per l’obesità e per lo sviluppo di nuove direttive politiche, potrebbe anche contribuire a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto. Potrebbe anche rappresentare un’arma importante contro quello che viene definito lo “stigma interiorizzato”, ovvero lo stigma legato al peso delle persone con obesità che può portarle ad attribuire a sé stesse connotazioni negative innescate dallo stigma sociale e/o ad aver paura di essere valutati negativamente da altri proprio sulla base del peso», afferma Iris Zani, Presidente di Amici Obesi.

«Oltre allo stigma sociale è necessario non sottovalutare la presenza di uno stigma clinico. Molti medici non sono consapevoli del fatto che l’obesità è una malattia cronica e conseguentemente sono restii ad affrontare il problema con i loro pazienti, ritenendoli poco motivati o disinteressati. Dall’altro lato, le persone che si sentono discriminate per la loro obesità tendono ad evitare ulteriori contatti e visite, riducendo il loro accesso alle cure e mettendo ulteriormente a rischio la propria salute. Per questo gli operatori sanitari devono essere formati adeguatamente su questa malattia, in modo che non ne sottovalutino né le cause né le conseguenze, e siano in grado di offrire alla persona con obesità un percorso di cura adeguato», spiega Ferruccio Santini, Presidente Società Italiana Dell’Obesità – SIO.

«È necessario che l’obesità diventi una priorità nazionale a livello sanitario, politico, clinico e sociale. Governo e Parlamento debbono adoperarsi in via normativa, affinché nell’ordinamento e nelle procedure ministeriali sia inclusa una definizione di obesità come malattia cronica, caratterizzata da elevati costi economici e sociali, una definizione del ruolo degli specialisti che si occupano di tale patologia e una definizione delle prestazioni di cura e delle modalità per il rimborso delle stesse, per garantire pieno accesso alle cure e ai trattamenti alle persone con obesità, e da una campagna mediatica nazionale contro lo stigma sociale che coinvolga il mondo dell’informazione, dello sport, della scuola, dei comuni», aggiunge Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e Vicepresidente vicario ANCI

«L’Italian Obesity Barometer Summit, giunto quest’anno alla terza edizione, è un vero e proprio luogo di incontro che IBDO Foundation mette a disposizione del mondo scientifico, accademico, istituzionale e in generale di tutti gli “attori” coinvolti nella lotta all’obesità, arricchito anche dall’offerta di una serie di dati e analisi, realizzati grazie al prezioso contributo di ISTAT e CORESEARCH, per sviluppare il dibattito sulle possibili politiche e soluzioni da intraprendere con lo scopo di migliorare la qualità di vita delle persone con obesità», conclude Renato Lauro, Presidente IBDO Foundation.

a cura della redazione

Written by giovanni47