AMY D Arte Spazio Milano apre la stagione espositiva 2022 con “Gli occhi hanno paura ma le mani fanno”
dell’artista Lena Shaposhnikova (1990 – Irkutsk – Federazione Russa) al suo primo show in galleria e un tributo al
filosofo Byung-Chul Han, in uno dei momenti più cruciali e drammatici della storia europea e del mondo.
Il progetto espositivo, accompagnato dal testo critico di Evfrosiniya Bumazhnova, è un’urgenza di sincerità, come
l’esistenza stessa, instabile ed emergenziale in un regime di sorveglianza biopolitica come quello attuale.
“Davanti al caos globale che riveste tutto il mondo, come la tela bianca, solo le mani si salvano perché agiscono nel fare,
attraversando il dolore; ecco il senso del titolo, tratto da un detto russo” dice l’artista.
Visionaria e analitica al tempo stesso, ricostruttrice di luoghi e dei non-luoghi, Lena Shaposhnikova riesce con questa
mostra a dare visibilità a un immaginario imprevedibile, conflittuale e poco trasparente. Attitudine contemplativa e
silente, la sua, talvolta anche ironico-critica, spesso empatica, racconta la -terra di mezzo- come area di disagio in un
tentativo di racconto.
Tra acquerelli, taccuini, oli su tela e installazioni, la mostra si propone come specchio di un’arte di frontiera, zona di
disagio, assolutamente in movimento, ipermoderna, ipertesa; ma anche come progetto e destino della comunicazione
estetica. L’idea di attraversamento e nomadismo definisce l’artista in soggetto -in-divenire capace di mettere il mondo in discussione grazie alla consapevolezza dell’abitare la transizione e abbracciare un’esistenza dolorosamente fluida, ibrida, senza confini.
Lena può essere definita una virtuosa del disegno; ricco di particolari da scoprire e ricercare che, quando diventano
pittura, si caratterizzano di un forte tratto cristallino di atmosfere cosmiche, fuori dal tempo e al contempo figurativo,
marcato e definito da un onirico, legato alla memoria.
I soggetti sono declinati attraverso una giustapposizione di immagini, come da tradizione transcontinentale fluttuanti in sfondi di inchiostri diluiti ed ispirati o a paesaggi siberiani o al caos del mondo contemporaneo, dove architetture antiche e moderne convivono fianco a fianco senza una visione armoniosa del reale. La forte cultura ibrida che contraddistingue
Lena Shaposhnikova, imposta la personale “Gli occhi hanno paura ma le mani fanno” come un laboratorio socio-
culturale per l’osservazione dei mutamenti in corso nelle border-region artiche.
L’uomo è solo nel suo fare ma è indissolubilmente legato all’universo che lo circonda.
Le comunità lo accolgono, lo respingono, lo assorbono, lo inducono nella tentazione di essere Altro, ma ritrovando se
stesso non può fare a meno di constatare il proprio senso di appartenenza al mondo, e la sua inevitabile partecipazione.
La mostra di Shaposhnikova ci invita a riflettere sulla conoscenza delle forme e delle immagini e solleva questioni
rilevanti sulla rappresentanza, la politica identitaria e le metodologie della libertà.
Dolori silenti
Medium usato, il dolore, quello silente, confinato ai margini, perché solo il dolore trasforma l’intelligenza nello spirito e
si fa linguaggio traghettandolo in una narrazione.
“Il dolore per me è una condizione di mezzo; una sorta di confine, avvoltoio che si attraversa, sforzandosi, per levarselo.
E come nel buddismo, il corpo (e non solo quello) cerca di allontanare il dolore. Tutta l’esistenza si trova nella
condizione di perenne sofferenza, che a volte viene accolta come un piacere. Ma è comunque una sofferenza e non
sempre solo fisica”. Lena Shaposhnikova
In una economia del dolore come capitale invisibile, il quesito primario resta: Dimmi il tuo rapporto con il dolore e ti
dirò chi sei.
a cura della redazione