Il nuovo volume Le Stelle Michelin in Italia -Enciclopedia dei ristoranti stellati italiani dal 1959 al 2021, appena edito da Maretti Editore e, sulla destra, il suo autore-editore Manfredi Nicolò Maretti. Foto Lido Vannucchi
E stato presentato sera a Identità Golose Milano – prima con una conferenza stampa cui è seguita una cena speciale, aperta al pubblico il nuovo volume Le Stelle Michelin in Italia -Enciclopedia dei ristoranti stellati italiani dal 1959 al 2021, appena edito da Maretti Editore (aprile 2022, 1.184 pagine, 55 euro ma 52,25 euro acquistandolo qui).
Si tratta di una pubblicazione inedita e unica nel suo genere.
Vanta un lavoro prezioso e attento, al fine di creare un utile compendio per tutti coloro che desiderano conoscere a fondo il passato e il presente delle migliori tavole italiane.
Ne è autore lo stesso Manfredi Nicolò Maretti, proprietario della casa editrice, che si è avvalso per l’occasione della prefazione di Paolo Marchi, dell’introduzione di Fausto Arrighi, di un focus sui Tre Stelle italiani di Maurice Von Greenfields e della postfazione di Antonio Santini.
Pubblichiamo di seguito proprio la prefazione di Paolo Marchi.
Ai francesi dobbiamo i Mondiali di calcio, il Pallone d’oro e le Olimpiadi moderne; l’alta moda e il cinema, l’haute cuisine e lo champagne. Chi altri al mondo poteva inventare una guida ai ristoranti?
Nessuno. E così ecco chef e ristoratori fare i conti con la Michelin e il suo firmamento di Stelle, una, due o tre. Prima edizione in Francia nel 1900, i “macarons” dal 1926. Per capire la grandezza di questa pubblicazione, basta un dato: a inizio XX° secolo, in tutto l’esagono, circolavano meno di tremila vetture. Tiratura d’esordio: 35mila copie, in pratica dodici volte tanto. Clamoroso ma logico: se non promuovevano il trasporto su gomma chi le produceva, chi altri?
In Italia sarebbe arrivata nel 1956 e, partendo dall’arco alpino, nemmeno sfiorava Roma. Si fermava a Siena, col viaggio completato l’anno seguente. E le Stelle? A partire dal 1959, ottantaquattro. Ne resiste una appena, Arnaldo a Rubiera in provincia di Reggio Emilia, e ha del clamoroso visto quante ne sono finite nel dimenticatoio, chiuse, soppresse, sparite. Nemmeno esistono in Google. Già è tanto se alcune sopravvivono, sessantatré anni dopo quello che, con gli occhi di oggi, possiamo considerare il loro quarto d’ora di notorietà.
L’importanza della Michelin è tale che non puoi ignorarla, criticarla sì a patto di sapere mettere il suo firmamento (g)astronomico nella giusta prospettiva ed esserne in un certo senso all’altezza. Troppo facile amarla quando ti premia e tacciarla di ignoranza quando ti retrocede. Roba da prima elementare, anche perché, quasi sempre, coloro che hanno deciso di portarti in alto, sono esattamente gli stessi che ti stanno ributtando giù.
La Rossa ama da sempre la riservatezza e da una decina d’anni l’anonimato al punto che dell’attuale direttore, Sergio Lovrinovich, non esistono immagini pubbliche. Dà voti, resi noti ogni dodici mesi, quasi mai spiegazioni. Però guai snobbarla, ci si potrebbe pentire come coloro che ne aspettano la chiusura in tipografia per annunciare un cambio di chef o addirittura di proprietà, senza perdere la Stella. Giochetti dalle gambe corte. La Guida per antonomasia ha un’ottima memoria e non dimentica. Se pensa di essere stata presa in giro ti cancella dai suoi radar. E fa benissimo.
Proprio la sua ritrosia a comunicare alimenta ogni genere di leggende, miti e dicerie che Louis De Funès raccontò splendidamente in L’ala o la coscia?, pellicola del 1976. Da allora il marketing ha preso il sopravvento, le edizioni si sono moltiplicate e a volte la logica del procedere sfugge, però la sostanza è eternamente la stessa: una Stella ti cambia la vita sia a livello di stress sia di ritorno economico. Come lei nessun’altra pubblicazione. La controprova? Il termine “stellato” è diventato di uso comune per indicare uno chef o una cucina di grande valore, anche in Italia.
E qui si apre un mondo pieno di invidie e di gelosie, di accuse e di speranze. Tutto molto umano, anche se sovente piccolo e meschino. Noi italiani dovremmo andare oltre le reazioni più di pancia e fare tesoro di una lezione che ci arriva dai cugini e che dura da ben oltre mezzo secolo. Loro sanno promuoversi, noi dividerci. E sostenendo il sistema Francia, finiscono con il favorire anche quelle che ritengono le eccellenze altrui, in un certo senso le fanno loro.
La ristorazione italiana dovrebbe erigere un tempio alla Rossa, mostrarle riconoscenza proprio come ha fatto Manfredi Nicolò Maretti. Questo giovane editore di Imola, dopo la pubblicazione del volume curato da Maurice Von Greenfields, alias Maurizio Campiverdi, dedicato a coloro che nel mondo hanno raggiunto il paradiso delle Tre Stelle (leggi qui), ha redatto quello riservato a tutti gli stellati di casa nostra, dal 1959 al 2021. Sommandoli, si raggiunge la poderosa cifra di MILLETRECENTOVENTIQUATTRO.
Un monumento a un’idea vincente. Chi non ha mai giocato a “Un, due, tre… Stella”?
a cura della redazione