Abbattere la barriera culturale che frena le donne nel farsi avanti per ricoprire ruoli di dirigenza e di rappresentanza nelle professioni infermieristiche e, nel contempo, realizzare quei progetti di conciliazione vita-lavoro, che spesso restano solo dei buoni propositi. Sono le ricette che la presidente nazionale Fnopi, Barbara Mangiacavalli, porta alla convention “Donne protagoniste in sanità”, che si chiude oggi a Bologna.
In Italia, fa il punto Mangiacavalli a margine dell’evento, sono 460.000 gli infermieri e infermieri pediatrici iscritti agli ordini, e la componente femminile è il 76,5%, con una prevalenza al Nord (dove sono oltre l’83%) e una percentuale più bassa al Sud (il 66,5%).
Tuttavia, nei posti di leadership, in particolare nella presidenza degli Ordini provinciali – 102 in Italia – c’è una predominanza maschile tra i presidenti: le donne presidente a livello territoriale sono mediamente una o due. E in alcune regioni non ce n’è nemmeno una. “Io sono una donna, e da sempre, almeno finora, la presidenza nazionale è stata in capo a una donna – premette – però oggettivamente negli Ordini provinciali c’è una scalata maschile e sono molto poche le colleghe che si impegnano nella rappresentanza professionale”.
Quanto alla presenza femminile nei posti di dirigente infermieristico, nel paese queste figure sono circa 450, ma se tra loro c’è una prevalenza di donne al Nord, spostandosi al Sud, per la maggior parte sono uomini. I motivi, sintetizza la presidente Fnopi, “sono tanti e sono quelli che forse vanno combattuti culturalmente come l’errata convinzione che una donna non possa gestire una famiglia e fare carriera, o che se lavora debba essere lei a sacrificarsi chiedendo il part-time o la riduzione oraria”.
Se poi si tiene conto che la nuova legge sugli ordini ha previsto anche in equilibrio di genere, “il problema è alla radice: se non ci sono colleghe negli ordini, poi è difficile ottenere quell’equilibrio. Il problema, insomma, è che non si propongono”. Altro motivo è quello della conciliazione vita-lavoro: “Spesso i progetti che potrebbero aiutare non vengono messi in pratica, soprattutto nelle amministrazioni pubbliche – ragiona la presidente – Il lavoro infermieristico è un lavoro su turni, h24, sette giorni su sette ed è un lavoro che poco si concilia con una gestione familiare senza un vero aiuto”.
Per questo accade che molte colleghe chiedano la riduzione di orario. “Se prima dovevano occuparsi dei figli piccoli adesso, con l’invecchiamento della popolazione, devono occuparsi dei genitori anziani. Facendo poi un lavoro di cura, se c’è un bisogno in famiglia finisce che intervenga la familiare infermiera”.
Il tema della presenza delle donne nei vertici della sanità è affrontato anche dalla parlamentare M5S Elisa Pirro, componente della commissione Igiene e Sanità del Senato. “In Italia, nel mondo della sanità abbiamo più del 70% di personale di sesso femminile, ma nonostante questa predominanza, ai piani alti si inverte completamente la proporzione, visto che assistiamo sempre a una maggioranza di dirigenti maschi”.
La senatrice è convinta che questa tendenza vada invertita, anche perché “conosciamo benissimo l’elevata professionalità delle donne, soprattutto in questo campo come all’interno delle facoltà di Medicina, dove le iscritte sono ormai da qualche anno prevalentemente di sesso femminile”. Quindi l’auspicio è “far emergere le nostre capacità e soprattutto rompere quel soffitto di cristallo che c’è anche in questo settore. Il nostro ruolo da politici è dare una mano con le norme, per velocizzare al massimo un processo che porti le donne ai vertici in ogni settore. Un processo che, secondo alcuni esperti, avrebbe bisogno di cento anni per essere realizzato, vista la struttura gerarchica del nostro paese”.
a cura della redazione