Riceviamo e volentieri pubblichiamo il Comunicato ricevuto da parte dell’Adam Smith Society
“Nel 2013 Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, durante un discorso davanti al parlamento indonesiano, annunciò il lancio di due nuovi progetti: un corridoio di collegamento economico lungo la storica Via della Seta in Eurasia ed una nuova Via della Seta marittima per espandere i rapporti economici fra la Cina ed i Paesi dell’Asia meridionale, progetto complessivamente chiamato Belt and Road Initiative (BRI), poi incorporato nello statuto del Partito Comunista Cinese.
Nei primi due anni dal lancio dell’iniziativa solo dieci Paesi avevano aderito formalmente all’iniziativa; nel 2015 altre 17 nazioni furono incluse nel progetto e dal 2017 lo stesso venne allargato anche all’America Latina. Il progetto originale è stato incrementato negli anni con la creazione di una Via della Seta digitale (Digital Silk Road-DSR) e di una legata alla salute (Health Silk Road-HSR), senza limitazioni geografiche, ed il numero degli aderenti è cresciuto a fine 2020 a 139, che rappresentano circa il 40% del PIL mondiale ed oltre il 60% della popolazione globale. Fra il 2013 ed il 2021 gli investimenti cinesi nei Paesi aderenti alla BRI sono ammontati ad oltre $ 890 mld, con una media annua fra il 2013 ed il 2019 di circa $ 110 mld, importo quasi dimezzato nel 2020 e 2021 a seguito della pandemia1.
Le ragioni ufficiali per l’originario progetto di replicare la Via della Seta dell’antichità, aggiornando per il XXI secolo le vie commerciali tramite massicci investimenti nelle obsolete infrastrutture dei vicini Paesi in via di sviluppo nell’area dell’Asia Centrale e Meridionale, comprendono il desiderio di ridurre le differenze economiche fra la sviluppata area costiera orientale cinese e le zone più povere centrali ed occidentali, di sfruttare l’eccesso di capacità produttiva, e di aumentare il proprio prestigio politico.
Dall’introduzione della BRI, la Cina ha finanziato e costruito moltissime infrastrutture, quali ferrovie, strade, porti, centrali elettriche, etc.; i progetti legati alla BRI sono approvati con grande rapidità, senza una coerente strategia unificata, una struttura centralizzata per esaminarli, valutarne l’economicità, deciderne i finanziamenti.
Circa quindici ministeri cinesi affermano di avere qualche responsabilità legata alla BRI, le varie province possono vantare le loro agende e iniziative, i diplomatici si impegnano a firmare con i governi stranieri progetti di grandi dimensioni (piuttosto che quelli economicamente sostenibili) per dimostrare la loro lealtà al partito. Per cui tutto l’impianto della Belt and Road Initiative può essere sintetizzato come un insieme di accordi bilaterali a condizioni non omogenee, per i quali i governi che ricevono i finanziamenti non sono spesso al corrente di quale sia l’autorità cinese loro controparte.
Vengono finanziati attraverso crediti concessi prevalentemente da due grandi banche pubbliche, la China Development Bank e la Export – Import Bank of China, con contratti a condizioni di mercato, e che non hanno limitazioni legate al rispetto di determinati principi (sostenibilità dei conti pubblici, rispetto dei diritti umani, eque condizioni di lavoro, …) – caratteristiche queste che permettono a Paesi non democratici o con situazioni macroeconomiche traballanti di avere accesso al credito. In generale i contratti di finanziamento sono poco trasparenti sia nelle clausole che negli importi (molti dei finanziamenti all’estero cinesi non compaiono nelle statistiche della World Bank e del FMI).
Anche i contratti di appalto dei lavori non sono trasparenti, e certo le gare non rispondono ai criteri della concorrenza, se l’89% dei contractors che partecipano ai progetti BRI sono società cinesi, 7.6% aziende locali (cioè con sede nei Paesi dove si svolgono i lavori) e solo il 3.4% società estere.
I risultati delle operazioni – dal punto di vista dei Paesi nei quali sono state effettuate, soprattutto nell’Asia Meridionale – sono controversi, e ad un primo momento di entusiasmo in alcuni di essi è subentrata delusione per questioni legate alla corruzione, a faide interetniche scatenate dalla localizzazione dei lavori, allo scarso aumento dell’occupazione a causa del grande numero di dipendenti cinesi impiegati, ed al grave peggioramento della propria posizione debitoria.
Il lungo time to market dei mega progetti infrastrutturali, unito alla difficoltà nel renderli economicamente redditizi ed alle debolezze macroeconomiche di molti Paesi nei quali sono stati iniziati, hanno infatti creato diverse situazioni di insostenibilità dei debiti accesi per finanziarli, tanto da aver anche comportato uno stallo negli sviluppi delle iniziative: si stima che già alla fine del 2019 circa $ 20 mld di lavori fossero stati rimandati, $ 64 mld sospesi e $12.6 mld cancellati.
La situazione complessiva è peggiorata a seguito dei rallentamenti nei lavori causati dalla pandemia, e più recentemente dall’apprezzamento del dollaro e da un panorama internazionale di tassi di interesse in risalita. Né sembra che le banche cinesi abbiano intenzione di effettuare moratorie consistenti, limitandosi nella maggior parte dei casi ad allungare le scadenze, incrementare le linee di credito o a concedere dilazioni nei pagamenti.
Negli ultimi anni i progetti legati alla BRI si sono sviluppati in maniera massiccia fuori dal perimetro originario – particolarmente in Medio Oriente, in Africa ed in America Latina – e le singole iniziative sono di dimensione più contenuta. Molte comprendono attività sotto l’ombrello della Digital Silk Road, fra le quali, particolarmente richiesti, sono i sistemi di pagamento elettronico e quelli di sorveglianza tramite strumenti di riconoscimento facciale.
Dopo neanche dieci anni dal suo annuncio, è molto difficile riuscire ad avere un quadro oggettivo e completo di un progetto che è forse il più ampio ed ambizioso mai concepito per lo sviluppo economico, tanto più dopo il suo allargamento geografico rispetto al piano originario (ad oggi quasi il 75% dei Paesi aderenti all’ONU hanno sottoscritto Memoranda of Understanding legati alla BRI).
Considerazioni legate alla scarsa trasparenza nei contratti di finanziamento e di appalto, l’emersione di scandali legati a fenomeni di corruzione ai massimi vertici politici (per esempio nelle Maldive, costata la rielezione del presidente), il sostegno indiretto a regimi autoritari quando altre fonti finanziarie si erano chiuse per il mancato rispetto dei diritti umani, mi fanno però sorgere il dubbio che gli obiettivi a lungo termine della BRI, unitamente a quelli legati ad altri investimenti in infrastrutture in aree geografiche in via di sviluppo, siano soprattutto a carattere geopolitico, per creare una dipendenza economica, finanziaria e tecnologica a molti Paesi.
Avere un mercato garantito per i propri prodotti, la possibilità di utilizzare infrastrutture utili ai propri obiettivi commerciali e militari in un ampio raggio geografico, l’accesso privilegiato a materie prime necessarie, essere in grado di influenzare a proprio favore le votazioni nei consessi internazionali mi fanno pensare al conseguimento di obiettivi di politica interna, e soprattutto alla creazione di un Impero. E non solo Di Mezzo”.
a cura della redazione