È un percorso artistico plasmato sull’essenza del paradosso continuo quello di Ackermann, che giunge in America dall’Ungheria all’inizio degli anni ‘90. Allontanatasi dalle tendenze accademiche, l’artista sviluppa una sua personale ricerca come pittrice indipendente, a contatto con gli artisti della Lower East Side. Arrivata negli Stati Uniti, Ackermann si trova ad affrontare una sfida vitale e importante, che la porta a integrare nella sua opera culture ed estetiche diverse, quella legata all’Est Europa da un lato e quella americana dall’altro. Una fusione, quella tra le due culture, che emerge evidente in mostra fin dai primi dipinti e disegni sviluppati da Ackermann nella metropoli statunitense tra il 1993 e il 1996 con gli “Sketchbook Drawings” e gli “Early Paintings”. Disegni su carta di piccolo e medio formato presentano figure femminili adolescenti messe a nudo, esposte e moltiplicate all’interno della composizione, impegnate in varie attività autodistruttive. L’atteggiamento estremamente spontaneo e disinvolto delle giovani donne proietta una sorta di serenità idilliaca all’interno di un’atmosfera costantemente precaria. Queste prime opere dal carattere ambiguo stabiliscono una comunicazione immediata con chi osserva e fungono da ponte tra diversi livelli culturali, come le fiabe e i miti a cui spesso l’artista si ispira. Un immaginario che attinge però anche al più vasto mondo della cultura visuale, della filosofia e del cinema, in particolare a film classici su storie di adolescenti recalcitranti di registi come Uli Edel e di Peter Brook.
Le vivaci figure protagoniste delle sue prime opere annunciano un’energia femminile embrionale che venticinque anni dopo sboccia nella serie “Mama”, iniziata nel 2018 e rappresentata in mostra da diversi dipinti su tela di grande formato. Sono dipinti, questi, in cui l’artista abbandona la figura a favore di una composizione in cui linee, gesti, motivi e forme si racchiudono e nascondono le une nelle altre, facendosi via via sempre più evanescenti. Con articolate stratificazioni di linguaggi visivi, “Mama” oscilla così tra figurazione e astrazione, dove i corpi celati presenti nell’immagine svaniscono nel momento in cui vengono percepiti: essi esistono perché scompaiono in elementi gestuali prima che la loro storia diventi leggibile. Al contrario delle prime opere degli anni Novanta, in cui le figure si donano completamente allo sguardo di chi le osserva, in questa serie l’artista abbandona tutto quell’immaginario facilmente fraintendibile come autoreferenziale, impedendo così al proprio percorso artistico di venire categorizzato.
L’esposizione si chiude con tre dipinti dalla nuova serie “War Drawings”, creata in occasione della mostra al MASI. Olio, matita grassa e acrilico sono lavorati su tela grezza di lino mentre le figure si perdono e le linee vengono raschiate fino a rivelare composizioni frantumate. Ogni dipinto sembra dominato dal disastro, come possibile elemento di purificazione in vista di una futura armonia.