L’impatto della funzionalità tiroidea su fertilità e gravidanza è un argomento importante e attuale, ma non sempre adeguatamente approfondito che ha portato l’associazione pazienti GAT, Gruppo Aiuto Tiroide, grazie al sostegno della Fondazione CON IL SUD, a raccogliere le più aggiornate evidenze scientifiche sul tema. «La necessità di focalizzare l’attenzione su queste tematiche, sostiene Annunziata Bellavista, Presidente dell’associazione, è scaturita dalle osservazioni emerse durante l’attività che ogni anno vengono svolte nelle scuole».
«La fertilità femminile», chiarisce Francesco Giorgino, Ordinario di Endocrinologia Direttore U.O. complessa di Endocrinologia Policlinico di Bari, «è garantita dalla complessa interazione tra fattori ormonali, ginecologici e anatomici, che insieme assicurano la regolarità del ciclo mestruale e dell’ovulazione e la creazione di un ambiente uterino idoneo all’impianto e alla crescita dell’embrione. Alterazioni ormonali possono rompere questo equilibrio e compromettere la fertilità e il prosieguo della gravidanza. In particolare, gli ormoni tiroidei T3 e T4 sono implicati nella regolazione di numerose funzioni nell’organismo, inclusa la regolazione del ciclo mestruale e dell’ovulazione».
«Gli ormoni tiroidei», prosegue Rossella Nappi, Odinario di Ostetricia e Ginecologia Responsabile S.S.D. Ostetricia e Ginecologia 2 – PMA Ospedale San Matteo Pavia, «sono fondamentali per la donna partendo dall’adolescenza fino alla menopausa; gli estrogeni sono in grado di modulare la funzione tiroidea e la funzione tiroidea è fondamentale per la riproduzione umana. Spesso il ginecologo si trasforma nel medico di prima linea nell’intercettare le disfunzioni tiroidee e, in sinergia con l’endocrinologo, le cura. Nell’adolescenza l’uso, ad esempio, della pillola estroprogestinica può avere un impatto sulla funzionalità tiroidea, poiché induce alterazioni, se pur modeste, delle quote libere degli ormoni tiroidei, ma il periodo della vita della donna in cui una valutazione della funzionalità tiroidea è importante è la fase pre-concezionale e peri-concezionale perché molti studi hanno dimostrato che una funzione tiroidea non ottimale è responsabile di irregolarità delle mestruazioni e di problemi dell’ovulazione.
In senso generale, la prescrizione di terapie ormonali siano esse contraccettive o della fertilità dovrebbe associarsi a un monitoraggio della funzione tiroidea, in particolare nelle pazienti con patologia tiroidea nota.
Anche una donna con un ciclo mestruale regolare, fertile, ovulatorio, ma con una tiroide non perfettamente in squadra può riportare un maggior rischio di aborto e di fallimenti riproduttivi per meccanismi ancora in parte da chiarire».
«Un’attenzione particolare», prosegue la ginecologa, «deve essere data a gravidanze che iniziano con una funzione tiroidea normale ma con un profilo di infiammazione, quindi di autoanticorpi, la cosiddetta tiroidite di Hashimoto; questa condizione può comportare un inizio non ottimale della gravidanza con il rischio di formare una futura placenta meno efficiente. Questo può comportare non soltanto un maggiore rischio di aborto ma anche il rischio di sviluppare una vera e propria insufficienza placentare che può associarsi a ipertensione arteriosa, parto prematuro, bambino di basso peso. Ed è per questo che la misurazione del TSH pre concepimento, degli anticorpi base, i cosiddetti TPO, è consigliata per intervenire tempestivamente in caso di gravidanza. Nei centri di fecondazione assistita, talvolta, si correggono preventivamente, con bassissime dosi di ormone tiroideo, le pazienti che si sottopongono a stimolazione ovarica sulla base di importanti studi che confermano la validità di questo intervento».
«Come sempre», continua Francesco Giorgino, «la prevenzione è fondamentale e questa può essere fatta attraverso l’assunzione di iodio. Un’adeguata assunzione di iodio, infatti, è fondamentale per garantire il corretto funzionamento della tiroide, poiché lo iodio è un componente necessario per la sintesi degli ormoni tiroidei. Pertanto, la iodo-profilassi può influenzare la salute tiroidea e di concerto la fertilità delle donne prevenendo le disfunzioni tiroidee e il miglioramento della fertilità. Un adeguato apporto di iodio è necessario per prevenire la carenza iodica, che è tra le principali cause di disturbi tiroidei, come l’ipotiroidismo e il gozzo. Il mantenimento di livelli appropriati di iodio promuove una funzione tiroidea ottimale, che contribuisce a migliorare la fertilità. Ma non solo, riesce anche ridurre il rischio di complicanze durante la gravidanza: la iodo-profilassi può ridurre il rischio di complicanze derivanti dalla carenza di iodio durante la gravidanza, come l’ipotiroidismo o il ritardo mentale nel feto. Questo può contribuire a una gravidanza più sana e a una migliore salute materno-fetale e neonatale. Ed infine la iodo-profilassi può contribuire a ridurre il rischio di aborti spontanei. È importante sottolineare che anche l’eccesso di iodio può essere dannoso, tanto quanto la sua carenza. Pertanto, è essenziale mantenere un equilibrio nell’assunzione di iodio e non eccedere le dosi raccomandate, specialmente durante la gravidanza e l’allattamento. Pertanto, le donne in età fertile dovrebbero consultare il proprio medico riguardo alla necessità di integrare lo iodio. Va detto che la profilassi con iodio può influenzare la salute tiroidea e la fertilità maschile in modo simile a quanto avviene nelle donne, sebbene gli effetti siano meno chiari e meno esplorati nell’uomo», continua l’esperto.
«La sorveglianza dello stato di nutrizione iodica è un’azione concreta a favore del benessere della popolazione generale e delle donne pugliesi in particolare» aggiunge Daniela Agrimi, responsabile dell’ORPG, Osservatorio regionale per la prevenzione del gozzo-Puglia, con cui il GAT ha una stretta e proficua collaborazione.
«Un ultimo aspetto», conclude Francesco Giorgino, «è quello della relazione tra terapie oncologiche e tiroide. Le terapie oncologiche di ultima generazione hanno dimostrato una buona efficacia in molti tipi di tumore, tanto che il loro utilizzo è stato approvato per la terapia di diverse neoplasie (melanomi, carcinoma del polmone, del rene e neoplasie del sangue). Uno dei principali problemi legati all’uso di queste classi di farmaci è la tossicità endocrina, che si manifesta con una riduzione o un eccesso della funzionalità ormonale della ghiandola endocrina colpita. Sebbene qualsiasi ghiandola possa essere oggetto di tale tossicità, la tiroide è l’organo più frequentemente interessato (circa il 15 per cento dei casi), con un quadro clinico che spesso consiste in una ridotta produzione di ormoni tiroidei, cioè nell’ipotiroidismo. Tale quadro si presenta in genere 1-3 mesi dopo l’inizio della terapia e può essere preceduto da un periodo transitorio di ipertiroidismo, dovuto al rilascio eccessivo di ormoni nel sangue da parte della tiroide colpita. In aggiunta alla tiroide, anche ipofisi, surreni e pancreas endocrino possono essere colpiti».
«Infine», conclude Rossella Nappi, «c’è ancora tanto da studiare per supportare la donna nelle fasi della vita perché anche la menopausa è un momento in cui la tiroide va in riserva; vediamo molto ipotiroidismo di tipo sub-clinico che contribuisce allo stato di malessere della donna nel momento menopausale, quindi, correggere la funzione tiroidea e studiarla è importante anche nelle donne che non sono più fertili».
Per saperne di più
L’associazione Gruppo Aiuto Tiroide GAT si rivolge a coloro che vivono una malattia tiroidea e alle loro famiglie al fine di offrire un orientamento sugli aspetti di diagnosi e cura, nonchè alla sensibilizzazione degli organismi pubblicisui problemi sanitari, assistenziali, economici e sociali dei malati di tiroide.
a cura della redazione
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