Chi è un baby boomer come me, ricorda sicuramente la popolarità raggiunta da alcuni personaggi, anche grazie ad una figura, il paparazzo, cioè un fotografo che si appostava magari per ore per poter cogliere un’inquadratura non autorizzata e quindi ‘scandalosa’.
Paparazzo è in realtà il nome proprio di un personaggio che svolge la professione di fotografo nel film La Dolce Vita, uno dei capolavori di Federico Fellini; il termine è poi diventato di uso corrente anche in lingue estere.
La curiosità popolare per i personaggi famosi, siano essi attori, cantanti, atleti o aristocratici è sempre stata alta: per rimanere ai ricordi della mia generazione, basta pensare alle scene prossime all’isterismo di certi concerti di Elvis Presley o dei Beatles, alle tirature dei tabloids con le immagini di Marylin Monroe o della principessa del Galles Diana Spencer, al successo di prodotti commerciali con il nome di Michael Jordan per avere un’idea di come la notorietà anche nel passato non troppo remoto abbia ricevuto una grande attenzione popolare.
Oggi la diffusione dei social media ha ingrandito la platea dei personaggi che attirano interesse, alcuni dei quali hanno raggiunto un livello tale di popolarità da essere comunemente definite celebrities, cioè, secondo una sarcastica definizione ampiamente citata, persone che sono note per essere note1.
Tale definizione però richiede di specificare la differenza fra fama e celebrità: mentre la prima è conquistata per il proprio talento o per i propri successi e quindi è probabilmente duratura, la seconda è molto spesso ricercata o costruita e di conseguenza effimera; in pratica la differenza che c’è fra sostanza ed apparenza. La sofisticata industria alla base del fenomeno usa un linguaggio dove i termini esagerati sono uno standard2per cercare di distinguere dalla massa dei comuni mortali i loro beniamini: il termine “star” usato dall’industria cinematografica in passato per promuovere gli attori di punta, e poi usato anche in altri ambiti, è ad un certo punto sembrato quasi riduttivo, almeno in ambito sportivo, e quindi ingrandito in “superstar”; ma dato che anche questo termine è stato un po’ inflazionato, ecco la diversificazione per i super top in “icona”.
Questi termini iperbolici servono per convincerci che viviamo in tempi formidabili, e conoscere la vita delle celebrities ci aiuta ad illuderci sulla possibilità di realizzare i nostri sogni.
Forse i primi esempi di celebrità si possono trovare nei miti dell’epopea greca: gli eroi, un ibrido fra dei ed umani, sono cioè una riproduzione simbolico – ritualistica della lotta dell’uomo contro i suoi limiti; nonostante la loro condizione di esseri mortali, dovevano rappresentare un testamento della capacità umana di avvicinarsi agli ideali di forza e di perfezione estetica e morale ed in tal modo garantirsi l’immortalità, almeno nella memoria dei posteri, come poi ripreso dalla tradizione della cavalleria medioevale.
Nell’antichità la promozione del personaggio era frequente (si pensi al Discobolo dello scultore Mirone, o alle monete con l’effige di Giulio Cesare), ed anche nella società contemporanea … i membri della società sono separati dai loro eroi (…) e quindi li conoscono solo attraverso le loro storie, immagini ed altre informazioni. In questo senso, non esistono eroi, ma solo informazioni che li riguardano3.
Ma si possono davvero considerare le celebrities, che certo non hanno le caratteristiche semi – divine dei miti greci o dei protagonisti delle chansons de geste medioevali francesi, come gli eredi delle figure eroiche della tradizione, anche considerato il potere di condizionamento che stanno avendo in molti campi del discorso sociale, da quello scientifico a quello politico?
Tant’è. Le celebrities sono comunque diventate una delle caratteristiche della nostra società mediatizzata, influenzandola nei campi più disparati, dalla politica alla gastronomia; raggiungere questo status aumenta il loro potere, e la loro opinione diventa difficile da ignorare. A livello personale diventare una celebrità è un processo – spesso organizzato da pubblicitari, uffici stampa o da consulenti di pubbliche relazioni – che altera l’individualità conosciuta di un soggetto incorporando alle sue caratteristiche pubbliche (es.: essere un cantante) aspetti del proprio privato (es.: la nascita di un figlio), mescolando lo straordinario con l’ordinario.
A livello più generale questa trasformazione comporta una ‘democratizzazione’ del personaggio con uno spostamento dalla sua riconoscibilità dai meriti acquisiti professionalmente a fama generalizzata indotta dai media; radicalizzando questo processo, anche tramite l’accentuazione di messaggi emozionali e la drammatizzazione per cercare di incrementare l’attenzione, non è più necessario ottenere successi ripetuti nel proprio campo o beneficiare di particolari talenti per raggiungere lo status di celebrity, ma basta avere un grande seguito sui media. Poi, una volta raggiunto l’obiettivo, ci si può dedicare anche ad altre attività che non hanno attinenza con quanto ha portato a raggiungere la notorietà, non sempre in modo positivo per la società.
Per esempio, nel delicato settore della salute, si sono visti personaggi famosi che hanno avuto un grande impatto su comportamenti in settori a loro professionalmente estranei: l’annuncio dell’attrice Angiolina Jolie di essersi sottoposta ad una doppia mastectomia preventiva in quanto portatrice di un gene mutato legato alla probabilità di sviluppare un tumore al seno ha portato ad un incremento esponenziale nella richiesta di analisi genetiche anche in donne esenti da una famigliarità con quella mutazione genetica.
Per non parlare del pericolo che procedure mediche o farmaci ed integratori ‘consigliati’ da celebrities possono causare, come la diffusione da parte dell’attrice Jenny McCarty di una teoria completamente falsa sulla correlazione fra vaccini e autismo.
Sembra che la ragione per cui solo alcune fra le personalità conosciute si attivino per arrivare allo status di celebrities – al di là delle motivazioni economiche – dipendano dal possesso di una marcata propensione al narcisismo, un tratto della personalità che potrebbe essere stimolato sia da una sopravvalutazione del bambino da parte dei genitori (che poi interiorizza un’autostima eccessiva), sia, in termini più generali, da una trasformazione della società occidentale da un contesto culturale più a carattere collettivistico ad uno più individualistico.
Pare anche che alcune differenze in regioni specifiche del cervello aiutino lo sviluppo di una personalità molto desiderosa dell’attenzione e dell’approvazione altrui, e quindi la ricerca della fama. Le persone con tratti narcisistici tendono a concentrarsi sul riconoscimento e sullo status di appartenente ad un’élite garantito dalla fama (da qui l’irresistibile desiderio di diventare famosi), ed hanno una forte tendenza a sognare ad occhi aperti immagini grandiose di sé stesse e di idealizzazione degli altri, anche per combattere lo stress4 legato a questa condizione.
Essere una celebrity comporta infatti, a livello soggettivo, una separazione marcata fra l’io personale e l’io pubblico, creando una tensione alienante nella scelta se essere davvero quello che si appare o quello che ci si sente essere; di fatto, diventare una celebrità (che è diverso da essere famoso) comporta spesso l’oggettivazione della propria persona, diventare una proprietà del pubblico, in cui l’aspetto privato scompare e viene anzi spesso considerato non autentico. Questa tensione emotiva è legata anche alla consapevolezza che lo status di celebrity comporta sovente la responsabilità di essere un modello con significativa influenza su comportamenti sociali, etici e politici incluso il rischio di emulazione, in particolare fra i più giovani.
Aspetti di tipo narcisistico sembrano anche essere alla base dei comportamenti di chi segue le celebrità, in particolare la tendenza al sogno ad occhi aperti e ad ambizioni di grandezza.
La gente ha comportamenti legati al raggiungimento di obiettivi, ha consapevolezza delle proprie necessità e seleziona i media in funzione della soddisfazione di questi bisogni; la relazione parasociale è usata per combattere stati di noia o solitudine, per cercare relazioni affettive, comprensione, ispirazione, comunione, ed identità.
L’influenza delle celebrities – o degli influencer, il gradino più basso del fenomeno con una portata a carattere locale o nazionale – ormai è diventata capillare; la capacità di condizionare abitudini di consumo, comportamenti, idee (anche politiche) mi sembra abbia raggiunto livelli insopportabili con risultati ben diversi dal desiderio di emulazione degli eroi dell’antichità. Oggi sembra che l’atteggiamento più diffuso sia quello pigro, passivo, apatico, di accettazione di qualsiasi messaggio si riceva da chi – giustamente o meno – viene considerato attendibile; la capacità di critica o di messa in dubbio appare in recessione.
Forse la crescita del numero di personaggi che ambisce al ruolo di celebrity è solo la ricerca della conferma del noto detto di Andy Warhol: In futuro tutti saranno famosi per 15 minuti.
Ma le chatbots alimentate dall’intelligenza artificiale faranno parte di questo palcoscenico? Con quali effetti?”
a cura della redazione
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