Oggi prende avvio al Museo Poldi Pezzoli un importante progetto: il primo intervento conservativo “dal vivo” sull’opera simbolo della casa Museo, il Ritratto di giovane donna di Piero del Pollaiolo.
Un’opportunità unica per tutti i visitatori di seguire da vicino e “in diretta” l’intervento dei restauratori, comprendere l’importanza della diagnostica per immagini applicata alle opere d’arte e il valore della ricerca ai fini della conoscenza e della cura del nostro patrimonio artistico.
“Un intervento conservativo dal vivo, infatti, offre la possibilità di far conoscere le operazioni in atto, rispondere alle curiosità dei visitatori e illustrare le fasi che vanno dalla diagnostica preliminare all’intervento vero e proprio, sottolineando il rapporto esistente tra tecnica pittorica, ovvero la consistenza fisica dell’opera, e la sua conservazione – dichiara Alessandra Quarto, direttrice del Museo – E non solo: vogliamo evidenziare l’importanza del lavoro multidisciplinare avviato a giugno in occasione della campagna di indagini diagnostiche con un confronto costante tra curatori del museo, scienziati e restauratori per poter intervenire nella maniera più attenta e consapevole su questo capolavoro. Una bellissima esperienza di lavoro che ha arricchito tutti noi in questi mesi di analisi”. Ha dichiarato Alessandra Quarto, direttrice del Museo durante la conferenza stampa di presentazione del progetto.
L’intervento è importante anche perché riguarda un’opera identitaria del museo, il Ritratto di giovane donna di Piero del Pollaiolo (1470 circa), icona che ha conosciuto una notevolissima fama a partire dagli anni
Settanta dell’Ottocento, quando fu acquisita da Gian Giacomo Poldi Pezzoli, per diventare ben presto una delle opere più rinomate e apprezzate dal pubblico.
Questo dipinto su tavola è da sempre celebrato con enfasi per l’altissima qualità stilistica e tecnica e per lo straordinario fascino, ed è annoverato dalla critica come uno dei più bei ritratti del Quattrocento italiano.
“Arte e scienza sono un binomio vincente .N oi ci crediamo da sempre, e infatti da anni con la nostra Fondazione mettiamo a disposizione per l’analisi e il restauro del patrimonio culturale italiano le competenze del Gruppo Bracco nell’imaging diagnostico, un settore in cui siamo leader globali. Ci è dunque sembrato naturale diventare Partner Scientifico del primo restauro dal vivo al Museo Poldi Pezzoli di Milano. Queste tecnologie fisiche e chimiche possono svelare, ad esempio, la descrizione della composizione materica dei pigmenti della pittura e dello strato di preparazione, l’esistenza o meno di disegno preparatorio, l’estrazione di caratteristiche della tecnica e dello stile degli artisti. Ho assistito personalmente alla TAC preliminare sull’opera del Pollaiolo svolta nel nostro Centro Diagnostico Italiano e ho trovato la procedura molto emozionante: utilizzare una tecnica diagnostica all’avanguardia su una ‘giovane donna’ del Quattrocento produce un effetto di grande meraviglia, sembra quasi una macchina del tempo che permette a due punti lontanissimi di incontrarsi. Con questo progetto tutti avranno la possibilità di entusiasmarsi di fronte a questo autentico connubio di arte e scienza”. Ha tenuto a precisare Diana Bracco, Presidente Fondazione Bracco.
Già da qualche anno si era pensato di intervenire sull’opera, il cui ultimo restauro risale al 1951, e di sottoporre la tavola e la superficie pittorica, ormai molto ingiallita, una approfondita campagna di indagini diagnostiche per poter definire in maniera scientifica e con molta prudenza l’intervento conservativo da effettuare.
A questo scopo è stata avviata a partire da giugno scorso una dettagliatissima campagna di indagini diagnostiche con il supporto della Fondazione Bracco, Partner Scientifico di questo restauro e da anni impegnata in questo campo, a cura di un team di scienziati delle Università degli Studi di Milano e spin off IUSS-Pavia DeepTrace Technologies in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, coordinati dalla Prof.ssa Isabella Castiglioni.
Per i restauratori, Carlotta Beccaria e Roberto Buda, le indagini sono state indispensabili per valutare lo stato di salute rispettivamente degli strati pittorici e del supporto ligneo e progettare il tipo di intervento necessari.
La strategia dell’intervento per quanto concerne il supporto ligneo, verrà definita non appena la tavola sarà liberata dalle traverse che furono inserite nel 1951 da Mauro Pellicioli. Bergamasco di origine, nel 1921 strinse a Milano il rapporto decisivo per la sua maturazione professionale: Ettore Modigliani gli affidò i restauri dei dipinti (627 in quattro anni) in vista della riapertura nel 1925 della Pinacoteca di Brera. A Milano dal 1946 al 1950 lavorò con Modigliani e poi con Fernanda Wittgens alla riapertura del Museo Poldi Pezzoli e della Pinacoteca di Brera, oltreché al recupero dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci che lo rese noto al grande pubblico (1951-53).
L’intervento del 1951 con l’inserimento di due traverse piane a coda di rondine aveva lo scopo di costringere il tavolato, incurvatosi naturalmente a una forma planare, all’epoca considerata esteticamente migliore.
Questa compressione ha generato una deformazione del supporto ligneo e una inevitabile tensione che da questo si è trasferita agli strati pittorici con il rischio di spaccature della tavola, sollevamenti e distacchi della materia pittorica.
La fenditura che attraversa il volto della fanciulla ritratta è un evidente punto di rischio perché al di sotto del film pittorico il supporto ligneo dovrebbe essere integro.
“Rimuovere le traverse attuali e dotare il dipinto di traverse di nuova generazione che possano assecondare, grazie ad un controllo di tipo elastico, i naturali movimenti del legno consentirà alla tavola di rilassarsi. E’ una
tecnica di intervento messa a punto e adottata da decenni che ha dato buoni risultati ai fini della salvaguardia della superficie pittorica perché permette un controllo delle deformazioni non vincolante, consentendo al
tavolato di trovare un equilibrio ottimale con le variazioni dimensionali dovute al continuo equilibro con i valori termo igrometrici dell’ambiente espositivo, inevitabilmente soggetti a cambiamenti stagionali” . Ha sostenuto
Roberto Buda, esperto di interventi sul supporto.
“Con questo intervento miglioriamo la conservazione del nostro capolavoro e attiviamo un processo di prevenzione necessario adottando la politica del minimo intervento secondo le
norme ministeriali”. Ha ,poi, proseguito Alessandra Quarto.
Le moderne tecniche di conservazione e restauro, infatti, favoriscono un intervento minimo che assecondi la naturale tendenza del legno a reagire ai cambiamenti ambientali. I trattamenti possono includere l’applicazione di listelli flessibili per ridurre al minimo la deformazione o semplicemente non agire sulle distorsioni, concentrandosi invece sulla cura preventiva per preservare l’opera d’arte nel suo stato originale.
Nella fase di analisi sono state anche verificate le indagini eseguite sulla tavola nel 2004 e nel 2014, messe in relazione a quelle appena eseguite e sono state comparate con quelle realizzate sulle altre “Dame” del Pollaiolo conservate presso il Metropolitan di New York, la Gemäldegalerie di Berlino e le Gallerie degli Uffizi, gentilmente messe a disposizione dai musei che le custodisco.
Questo confronto sarà molto utile anche in corso d’opera soprattutto per l’analisi dei pigmenti e del disegno preparatorio grazie alla tecnologia che consentirà di estrapolare dati mai rilevati finora.
“Dalla lettura della superficie dell’opera e dall’analisi dei dati raccolti durante le indagini scientifiche, emerge una policromia nel complesso adesa agli strati preparatori e al supporto ligneo anche se con diffusi segni di
compressione; l’originale equilibrio cromatico delle tinte voluto dall’artista, appare però fortemente attutito dall’ingiallimento degli strati di vernice, applicata in spessori importanti, con zone di increspatura e piccole
esfoliazioni. Non solo la vernice ma anche i restauri pittorici eseguiti in passato sono ora visibilmente alterati e interferenti con la lettura dell’opera. Se non si intervenisse i restauri del passato e lo strato di vernice invecchiata, continuerebbero ad enfatizzare la loro alterazione, scurendo e macchiando ulteriormente la superficie. L’intervento di restauro della pellicola pittorica restituirà, quindi, una migliore leggibilità e godibilità dell’opera, ripristinando l’equilibrio cromatico delle tinte.” Ha dichiarato la restauratrice Carlotta Beccaria.
Il restauro è stato possibile grazie al sostegno prezioso del Diözesanmuseum Freising- Monaco di Baviera, partner istituzionale di questa operazione che ha deciso di affiancare il Museo Poldi Pezzoli in un’ottica di collaborazione istituzionale internazionale che la casa museo sta portando avanti.
“Il Diözesanmuseum Freising Monaco di Baviera opera, sin dalla sua riapertura avvenuta nel 2022 dopo otto anni di restauri e ammodernamenti, collaborando con Musei e Istituzioni culturali nazionali e internazionali al fine di realizzare mostre frutto di studi e ricerche per promuovere, attraverso l’arte e la cultura, quei processi di crescita, sviluppo sociale e consapevolezza individuale di cui l’Arcidiocesi di Monaco di Baviera e, in particolare S.E. il Cardinale Reinhard Marx, si è resa testimone attiva. Il Diözesanmuseum si trova a 30 chilometri dal capoluogo della Baviera, Monaco, nell’antica sede episcopale di Frisinga, e ospita un’importante collezione di arte ecclesiastica dal primo cristianesimo ai giorni nostri. Dalla riapertura, si sono già tenute 4 mostre che sono state possibili anche grazie alla fiducia e al sostegno di prestatori che, come il Museo Poldi Pezzoli, apprezzano e condividono il grande sforzo che il Diözesanmuseum sta facendo per diffondere la cultura, l’inclusione e la pace, attraverso il linguaggio universale dell’Arte. Grazie alle relazioni internazionali e all’intensa attività diplomatica dello Swiss Lab for Culture Projects, il Diözesanmuseum ha ottenuto prestiti eccezionali di capolavori talvolta mai esposti prima in Germania contribuendo, in cambio, al restauro di diverse opere e alle iniziative culturali meritevoli di sostegno che i prestatori gli hanno sottoposto, fedele al principio che i musei devono collaborare per un superamento “vero” delle frontiere e al di là delle barriere linguistiche o culturali” ha precisato Christoph Kürzeder, direttore del Diözesanmuseum.
Una serie di attività di approfondimento – incontri con studiosi, visite guidate, laboratori per famiglie nel fine settimana e percorsi per giovani e pubblici fragili – accompagnano l’intervento conservativo.
a cura della redazione
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