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Alla morte del papa, il decano Thomas Lawrence (interpretato da un eccezionale Ralph Fiennes) è chiamato a supervisionare i lavori per l’elezione del nuovo capo della Chiesa Cattolica. Questo lavoro, tuttavia, già minato dalle personali perplessità che attanagliano lo spirito del decano, viene ulteriormente compromesso dalla brama di potere e dai giochi politici dei potenziali candidati. Chi la spunterà, alla fine? E che compromessi andranno fatti per occupare questo trono vacante?
Il tema centrale del film
Tema centrale di Conclave è la scelta del male minore, tra le liti e gli imbrogli che caratterizzano queste elezioni clericali. E fa specie che a parlare di male con così tanta sicurezza sia chi ha fatto dell’evitarlo – e del professarne prima di tutto l’esistenza – la sua professione. Con facilità il film passa dai messaggi di pace e uguaglianza al racconto di corruzione, bugie, omertà e molto altro. Niente che, dopotutto, non sia stato già visto, soprattutto nelle narrazioni della Santa Sede.
Il momento così celebre e celebrato, dell’elezione del nuovo pontefice, non è altro che l’ennesimo ballottaggio politico a cui assistere come spettatori, con gli stessi limiti e gli stessi dilemmi con cui ogni elettore comunemente si interfaccia al momento delle urne. Solo che questa volta gli elettori si conoscono tra di loro (o quasi), sono chiusi nella stessa stanza e una decisione va presa in tempi celeri (e non è possibile revocarla).
Il mistero e la fede
Conclave sembra perciò l’ennesimo thriller politico, è vero, così come sembra l’ennesimo film sui rapporti corrotti della Chiesa. C’è tuttavia altro che eleva il film di Berger a must-watch della stagione, un film da non perdere, non solo per le numerose candidature ai premi maggiori.
Per citare il film stesso, solo con l’incertezza si dà vita al mistero e, quindi, alla fede. In questo senso, Conclave è tutto quanto detto sopra, ma anche e soprattutto un film di mistero e dunque fede. Un mistero e una fede che non si evincono solo in alcune scene un po’ didascaliche o in scelte di trama dal sapore sensazionalistico, ma anche e soprattutto nella complessità emotiva e nell’umano ritratto che ognuno dei protagonisti rappresenta.
Supportato da un cast stellare (oltre Fiennes, anche Stanley Tucci, Isabella Rossellini e Sergio Castellitto), il film va oltre le agende dei singoli candidati e cerca di esprimere la vera complessità: sarà la scelta giusta? Stiamo andando nella direzione corretta? Chi può dirlo. Dove anche la figura più pia si scopre essere dietro a un’intricata rete di menzogne, esistono, appunto, mali minori ma nessun bene, quanto meno non conforme all’idea e all’assolutezza che siamo abituati ad associare a questo termine.
Ognuno è chiamato, quindi, a fare appello a se stesso, al proprio sistema di valori, ai propri legami e alle proprie umane carenze per trovare una strada in questa folla di volti, al mistero relativo a ciò che si sarebbe disposti a fare se dotati di potere. Con la convinzione e la fede di essere sempre nel giusto.
Perché vedere Conclave
Niente di nuovo sul fronte del Vaticano (per parafrasare il precedente e grandioso film di Berger) dunque, se si considera solo una visione generale del film, che comunque risulta ben scritto, elegante nella forma e nei contenuti e che, soprattutto, accompagna il pubblico in uno dei momenti che più incuriosiscono i credenti e non, le elezioni a porte chiuse del papa.
Tutti i processi segreti e la clausura che accompagnano la fumata nera e la fumata bianca, tuttavia, sono eccezionali in riferimento alle loro ragioni sottostanti, agli uomini che li rendono possibili.
La grandezza di Conclave è esattamente questa: non la Curia, non il thriller, non San Pietro, ma l’umano. Il fallibile, banale, universalmente umano sentimento che fa dubitare, scegliere e sbagliare ognuno. Persino e soprattutto i Papi.
a cura della redazione
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