Il colangiocarcinoma intraepatico e la leucemia mieloide acuta sono tumori rari e complessi con importanti unmet medical need in termini di tempestività della diagnosi e opzioni terapeutiche disponibili
Ivosidenib, prima e unica target therapy per il colangiocarcinoma e la leucemia mieloide acuta con mutazione nel gene IDH1 oggi disponibile anche in Italia, rappresenta un importante traguardo dell’oncologia di precisione e una speranza per i pazienti affetti da queste neoplasie difficili da trattare
I test NGS per la profilazione molecolare sono fondamentali per identificare mutazioni actionable come IDH1, rendendo possibile l’uso di terapie target innovative in grado di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti
La disponibilità di ivosidenib in Italia rappresenta un importante passo
avanti nella lotta contro il colangiocarcinoma (CCA) e la leucemia mieloide acuta (LMA).
Si tratta di un nuovo trattamento orale a bersaglio molecolare, inibitore potente e selettivo dell’enzima Isocitrato Deidrogenasi 1 (IDH1) mutato, coinvolto nel processo di oncogenesi di molti tumori.
Ivosidenib ha ottenuto la designazione di farmaco orfano per due indicazioni di trattamento:
in monoterapia, nei pazienti adulti con colangiocarcinoma localmente avanzato o metastatico
con mutazione IDH1, precedentemente trattati con almeno una linea di terapia sistemica;
in associazione con azacitidina, nei pazienti adulti con nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta con una mutazione IDH1 che non sono idonei per la chemioterapia di induzione standard.
Il CCA è un tumore primitivo del fegato, raro e altamente maligno, che origina dai dotti biliari. La sua incidenza è in aumento, ma la diagnosi avviene spesso tardivamente a causa della presenza di sintomi generici e dell’assenza di criteri diagnostici specifici .
Il CCA ha un’incidenza stimata di circa 5.400 nuovi casi all’anno in Italia , inoltre circa il 40% dei pazienti con CCA presenta almeno un’alterazione actionable, ossia potenzialmente trattabile con una terapia mirata.
Tra queste, la mutazione IDH1 è riscontrata nel 15% dei pazienti con CCA intraepatico con un impatto prognostico negativo, correlato a una maggiore aggressività e resistenza alle terapie convenzionali: la sopravvivenza a 5 anni è infatti molto bassa, pari al 17% negli uomini e al 15% nelle donne .
“La disponibilità di ivosidenib apre nuove prospettive terapeutiche nel trattamento del CCA intraepatico per una sottopopolazione di pazienti con limitate opzioni di cura e bisogni ancora insoddisfatti. L’efficacia del farmaco è stata dimostrata dallo studio ClarIDHy in cui emerge che nei pazienti trattati con ivosidenib la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana si è attestata a 2,7 mesi, rispetto a 1,4 mesi nel gruppo placebo. La terapia , infatti, ripristina un controllo sulla crescita tumorale, rallentando significativamente la progerssione della malattia e stabilizzandola. Questo si traduce in un prolungamento della sopravvivenza e, soprattutto, nel mantenimento di una buona qualità di vita, grazie all’elevata tollerabilità del farmaco”.
Ha dichiarato oggi ,durante una conferenza stampa tenutasi nella bella location della Terrazza di Via Palestro a Milano, Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia Medica presso Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital. A moderare l’incontro Luigi Ripamonti Medico, specialista in chemioterapia, giornalista e Caporedattore del Corriere della Sera, responsabile di Corriere Salute.
La LMA colpisce prevalentemente la popolazione anziana, con un’età mediana alla diagnosi di 68 anni e in Italia ha un’incidenza pari a 3,5 casi ogni 100.000 individui all’anno 5 quindi oltre 2.000 nuovi casi annui.
Nonostante i progressi nella gestione della patologia, il tasso di sopravvivenza a 5 anni rimane basso, attestandosi al 24%.
È una neoplasia ematologica aggressiva che ha origine nel midollo osseo, producendo un eccesso di globuli bianchi anomali, caratterizzati da mutazioni genetiche del DNA che alimentano la progressione della malattia.
Nello specifico le mutazioni del gene IDH1, riscontrabili nel 6-10% dei casi di LMA, alterano il normale funzionamento delle proteine IDH, che, una volta mutate, modificano l’espressione genica rendendola una patologia rara e caratterizzata da un elevato unmet medical need.
“La leucemia mieloide acuta è una malattia ematologica insidiosa e ancora complessa da trattare. Tuttavia, per i pazienti adulti con nuova diagnosi e mutazione IDH1, non eleggibili alla chemioterapia di induzione standard, l’approvazione di ivosidenib rappresenta una innovativa opportunità terapeutica. Dallo studio AGILE emerge infatti che il 54% dei pazienti trattati con la combinazione di ivosidenib e azacitidina ha dimostrato una remissione completa, rispetto al braccio di controllo e un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale mediana, che è risultata di di 24 mesi per i pazienti trattati con ivosidenib in combinazione con azacitidina, rispetto ai 7,9 mesi osservati nel gruppo trattato con azacitidina e placebo”. Ha riferito, a sua volta, Adriano Venditti, Direttore dell’Ematologia presso la Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma.
Data l’elevata variabilità genetica osservata in queste due neoplasie, risulta fondamentale l’impiego di test di profilazione molecolare, come il Next Generation Sequencing (NGS).
Questa tecnologia consente, infatti, un’analisi dettagliata e simultanea di numerosi geni, fornendo importanti informazioni per la prognosi e la terapia dei pazienti, consentendo una più adeguata programmazione della strategia terapeutica.
I test NGS permettono di ridurre le tempistiche di analisi e la quantità di tessuto tumorale necessaria per la caratterizzazione molecolare e allo stesso tempo di identificare in modo tempestivo e accurato le mutazioni actionable, come quelle del gene IDH.
L’utilizzo delle tecniche di NGS è fortemente raccomandato 2 in tutti i casi in cui si debbano determinare diverse alterazioni genomiche, ad esempio, la presenza della mutazione IDH1 è associata ad una prognosi ancor più sfavorevole.
“È importante sottolineare che la prognosi dei pazienti con mutazioni di IDH1 può essere profondamente modificata dalla disponibilità di inibitori specifici. Grazie a ivosidenib, infatti, possiamo offrire ai pazienti una terapia target che agisce su un meccanismo molecolare comune a due patologie molto diverse tra loro, ampliando significativamente l’orizzonte delle possibilità terapeutiche. Ivosidenib rappresenta quindi una target therapy altamente innovativa, permettendo il trattamento sia di tumori solidi che di neoplasie ematologiche attraverso un unico meccanismo d’azione. L’impegno di Servier nello sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare, come ivosidenib, sottolinea la determinazione dell’azienda a giocare un ruolo di primo piano nel campo dell’oncologia, segnando l’ingresso del Gruppo nell’oncologia di precisione”. Ha spiegato Nicola Normanno, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori IRST “Dino Amadori” IRCCS.
“Servier ha fatto della lotta contro il cancro una delle sue priorità, e siamo orgogliosi, ma al contempo consapevoli della grande responsabilità di essere l’unica azienda a sviluppare una franchise terapeutica dedicata alle neoplasie IDH mutate. Il nostro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove terapie è rivolto ai tumori rari e difficili da trattare. Attualmente, sono in corso studi clinici di Fase III su differenti indicazioni di ivosidenib, tra cui il condrosarcoma e la sindrome mielodisplastica, con l’obiettivo di offrire ai pazienti nuove opzioni terapeutiche efficaci e rispettose della qualità di vita”. Ha tenuto a precisare al termine della conferenza, Marie-Georges Besse, Direttore Medical Affairs Gruppo Servier in Italia.
Servier
Fondato per essere al servizio della salute, Servier è un Gruppo globale governato da una fondazione no-profit, che aspira ad avere un impatto sociale significativo e sostenibile, sia per i pazienti che per il pianeta.
Grazie al suo modello di governance unico, può seguire appieno la sua vocazione con una visione a lungo termine: impegnarsi nel progresso terapeutico per rispondere alle esigenze dei pazienti. I 21.900 dipendenti del Gruppo sono impegnati in questa vocazione condivisa, fonte di ispirazione quotidiana.
Da leader mondiale in cardiologia, Servier ha l’ambizione di diventare un’Azienda riconosciuta e innovativa, impegnata in oncologia, focalizzandosi sui tumori difficili da trattare.
Per questo motivo il Gruppo destina oltre il 70% del suo budget in R&D allo sviluppo di terapie mirate e innovative in oncologia.
Le neuroscienze e le malattie immuno-infiammatoria sono il futuro motore di crescita.
In questi settori, Servier si concentra su un numero limitato di patologie in cui un’accurata profilazione del paziente consente di offrire una risposta terapeutica mirata attraverso la medicina di precisione.
Per promuovere l’accesso a cure di qualità per tutti a un costo inferiore, il Gruppo offre anche una gamma di farmaci generici di qualità che coprono la maggior parte delle patologie in Francia, Europa orientale, Brasile e Nigeria. In tutte queste aree, il Gruppo tiene conto della voce del paziente in ogni fase del ciclo di vita di un farmaco.
Con sede centrale in Francia, Servier conta su una forte presenza geografica in oltre 150 Paesi e ha raggiunto un fatturato di 5,3 miliardi di euro nel 2023.
a cura della redazione
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