Che ormai non è più solo una rivelazione. È un dispositivo. Un codice. Un portale morbido verso un altrove che ha la consistenza del raso, ma lo spessore di un’onda d’urto.
Le sue opere, già viste da Porsche, al Festival di, Sanremo passando per Milano Unica, Fondazione De Marchi, Fondazione FIRA e una personale su 800mq durante la Design Week, non sono in mostra. Sono lo spazio.
Dentro la Immersive Room, il pubblico si muove come in un rituale muto: parole sospese, un video in loop, la sensazione costante che qualcosa si stia trasformando sotto i tuoi piedi.
E poi: l’epilogo. O forse l’inizio.
Una pesca di parole. Un Ching portafortuna da tenere nel portafoglio e leggere solo quando serve. Se serve.
Mystic Art Cocktail è quello che succede quando chi fa ospitalità si stanca di fare “ospitalità”.
E decide di creare uno spazio dove nulla è casuale e tutto è reale.
a cura della redazione
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