Se negli uomini si registra un tasso di mortalità quasi doppio, le donne sono maggiormente suscettibili alla malattia (51 percento) e hanno anche il doppio delle probabilità di sviluppare il Long Covid; gli uomini invece sono colpiti nelle forme più gravi (56,3 percento vs 46,3 percento relativo all’universo femminile).
Le donne hanno inoltre subito maggiormente il peso della pandemia in termini di “sovraccarico” di lavoro in ambito familiare, disoccupazione (99.000 posti femminili persi su 101.000 a dicembre 2020) e violenza domestica (incremento del 74,5 percento delle richieste di aiuto alla rete nazionale antiviolenza D.I.Re).
La pandemia ha avuto un impatto significativo sulla vita di tutti, ma non ha colpito tutti allo stesso modo.
Uomini e donne italiani ad esempio hanno subito gli effetti dell’infezione in maniera diversa: se negli uomini si è registrato un tasso di mortalità pari quasi al doppio (17,7 percento vs 10,5 percento), le donne sono state quelle maggiormente suscettibili alla malattia (51 percento), anche se è negli uomini che si sviluppano le forme più gravi rappresentate dalla polmonite con insufficienza respiratoria (56,3 percento vs 46,3 percento relativo all’universo femminile). Le donne però hanno il doppio delle probabilità di sviluppare il Long Covid.
Le differenze tra i sessi sono legate a diversi fattori: genetici, fisici ma anche socio comportamentali, come, ad esempio, la prevalenza di fumatori ed il consumo di alcol maggiori negli uomini. Inoltre, le donne sono più esposte ai rischi di contagio, costituendo la maggioranza degli operatori sanitari e dei caregiver familiari.
Questi sono alcuni degli aspetti evidenziati nel Libro bianco “COVID 19 e salute di genere: da pandemia a sindemia”, realizzato da Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, grazie al supporto di Farmindustria.
“Questa tredicesima edizione del Libro Bianco realizzata grazie al rinnovato sostegno di Farmindustria e al contributo di molteplici autori, analizza quanto accaduto nel corso dell’emergenza sanitaria soffermandosi, oltre che sulle conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia, anche sulle sfide che ne sono nate e che hanno portato a una vera e propria sindemia”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda.
“La pandemia, infatti, ha colpito in modo diverso la popolazione, gravando maggiormente sulla donna; sono state diverse le problematiche e le fragilità emerse nella nostra società tanto che si è arrivati a parlare di sindemia – l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili – in cui ancora una volta il genere sembra essere una discriminante che ha reso le donne allo stesso tempo protagoniste e vittime di questa pandemia”.
La situazione generata dal Covid-19, infatti, ha colpito le donne sotto tanti aspetti, inclusa la dimensione domestica. Gli episodi di violenza domestica sono, infatti, diventati un dato allarmante evidenziato dall’aumento delle chiamate alle linee telefoniche dedicate, basti pensare che la rete nazionale antiviolenza D.I.Re ha riportato dal 2 marzo al 5 aprile 2020 un incremento del 74,5 percento nelle richieste di aiuto.
L’isolamento della donna conseguente ai lockdown, la presenza costante di un partner abusante, i disagi correlati alla perdita del lavoro, una limitata autonomia economica e decisionale sono tra le principali cause che hanno contribuito a incrementare gli episodi di violenza e, allo stesso tempo, a far sì che le donne riscontrassero difficoltà oggettive nel chiedere aiuto.
Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, in cui il genere femminile è fortemente penalizzato, le statistiche mostrano che nonostante vigesse il blocco dei licenziamenti, nel 2020 le donne hanno raggiunto l’apice della perdita di lavoro con 99.000 posti persi su 101.000 totali solo nel dicembre 2020.
A pesare sulla scarsa occupazione delle donne è stata anche l’insufficiente presenza di infrastrutture socio-assistenziali: il lockdown e le relative restrizioni hanno impattato in maniera più significativa sulla popolazione femminile perché nella maggioranza dei casi le donne si sono trovate a dover conciliare il lavoro di cura e domestico e l’attività lavorativa. Lo smartworking, ad esempio, ha visto per le donne un allungamento dei tempi di lavoro del 57 percento contro il 50,5 percento degli uomini.
“Il Covid-19 ha cambiato rapidamente e radicalmente il nostro modo di vivere. E ci ha fatto comprendere il ruolo centrale della salute”, afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria.
“Tra le persone più colpite dalla pandemia, come ricorda il Libro Bianco della Fondazione Onda – che da anni offre autorevoli quadri di insieme sulla salute di genere – ci sono proprio le donne. Donne che sono state anche instancabili protagoniste nel nostro settore, nella ricerca e nell’innovazione e hanno dato un contributo fondamentale per arrivare alla scoperta dei vaccini e delle terapie anti-Covid.
E che sono il motore propulsivo della R&S nelle nostre imprese: rappresentano infatti il 52 percento degli addetti. Sono poi il 43 percento del totale degli occupati, spesso con ruoli apicali: il 42 percento sono dirigenti e quadri. Si può dire insomma che l’industria farmaceutica è a forti tinte rosa, anche grazie a un innovativo modello di Relazione industriali che presta molta attenzione alla conciliazione vita-lavoro, al welfare, alla genitorialità e alla formazione.”
Le aziende del farmaco rappresentano dunque un positivo esempio di resilienza in cui la parità di genere è ormai una realtà.
“Anche nel nostro sistema sanitario le donne sono ben rappresentate costituendo quasi il 70 percento del personale”, dichiara Pierpaolo Sileri Sottosegretario di Stato, Ministero della Salute.
“Purtroppo vedo ancora troppe poche figure donna apicali, per questo ho proposto al Ministero un tavolo per migliorare il percorso delle carriere in ambito sanitario delle donne che preveda un modello organizzativo che vada incontro alle loro esigenze.
La pandemia, nella sua drammaticità, ha permesso uno sguardo a un nuovo modello di sanità, che consente una maggiore attenzione ai problemi finora troppo sottovalutati, quali l’accesso alle carriere alle donne in maniera equa. Dalla resilienza manifestata delle donne in questa emergenza sanitaria, e non solo, dobbiamo trarre gli spunti per migliorarci e, fare di più andando ad incrementare e potenziare ricerca, formazione e professionalità, accesso e parità. Questi credo che siano gli insegnamenti su cui riflettere e lavorare non solo l’anno prossimo ma anche negli anni a venire”.
“Il libro bianco promosso dalla Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, da uno spaccato del carico che le strutture del Servizio sanitario nazionale, e più in generale la nostra società, dovranno affrontare a causa degli effetti a medio e lungo termine causati dalla pandemia COVID-19”, conclude Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute.
“Per far fronte a ciò, parallelamente agli interventi di sanità pubblica orientati alla popolazione, sarà necessario implementare sempre più anche approcci di medicina di precisione che possano tenere in considerazione le peculiarità di ogni singolo individuo, a partire dal genere.
Questi elementi potranno trovare ulteriore linfa dalle attività del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nonché dalle molteplici iniziative di riforma a vario livello che riguardano il nostro SSN su cui il Ministero della Salute e il Governo si sono impegnati (es. digitalizzazione, riorganizzazione dell’assistenza primaria, rafforzamento dei servizi di prevenzione e promozione della salute, etc.)”.
a cura della redazione