«L’estromissione da SWIFT come strumento sanzionatorio da parte delle potenze occidentali non risulta essere certo una novità – se ricordiamo i casi dell’Iran, della Corea del Nord e del Venezuela; così come non risultano essere elementi di novità gli intenti dimostrati da diversi Paesi di strutturare sistemi di messaggistica e pagamento alternativi a SWIFT e circuiti quali VISA e Mastercard, spingendo dunque verso una balcanizzazione sempre più spiccata del modello finanziario internazionale USA-centrico, figlio dei vecchi accordi di Bretton Woods».
Ad affermarlo è Andrea Rigoni, Government and Public Services Global Cyber Leader di Deloitte, nel suo intervento pubblicato sul sito di Ispi, l’Istituto per gli studi di Politica Internazionale.
Ma come funziona, ad oggi, il sistema dei sistemi di pagamento internazionali?
«SWIFT- spiega l’esperto- è un’organizzazione privata costituita nel 1973 da 239 banche di 15 nazioni, regolamentata dalla legge belga e con l’obiettivo di facilitare le transazioni finanziarie internazionali. In particolare, il suo ruolo può essere rappresentato come un servizio di messaggistica per le banche che consente di accertare la veridicità delle transazioni.
Tramite una rete informatica che collega più di 11.000 istituti finanziari in tutto il mondo, SWIFT fornisce un linguaggio comune al mondo finanziario, garantendo la trasmissione, ricezione ed elaborazione dei dati finanziari, per un ammontare di circa 40 milioni di transazioni su base giornaliera.
La criticità delle informazioni processate da SWIFT per il funzionamento dell’economia globale ha spesso trasformato questo strumento in un’arma strategica nelle mani degli Stati, finalizzata a raccogliere dati e monitorare illeciti finanziari o ancora come vettore per applicare sanzioni finanziarie nei confronti di Stati nazionali».
Ma allora quali conseguenze potrebbe avere il parziale blocco di SWIFT per la Russia?
«Per rispondere alla questione,- continua Rigoni- bisogna analizzare la posizione della Russia a partire dal 2014, anno in cui alcune banche del Paese erano già finite nella black list degli USA», sottolinea l’esperto. «In conseguenza di questa misura cautelativa, Visa e Mastercard avevano sospeso l’erogazione dei servizi verso le banche colpite dalla sanzione in questione.
Come risposta alla sospensione dei servizi da parte degli USA, la banca centrale russa aveva sviluppato un proprio sistema alternativo di pagamento, il cosiddetto MIR. Tale sistema raccoglie il bacino di pagamenti destinato a pensionati e dipendenti pubblici.
Dal momento che il sistema SWIFT», prosegue Rigoni, «viene spesso utilizzato come arma strategica sullo scacchiere geopolitico internazionale, sempre a partire dal 2014 la Russia aveva provato a cautelarsi da eventuali ripercussioni legate alla propria estromissione da questo sistema. Mosca ha infatti sviluppato un proprio sistema interno di messaggistica, il cosiddetto System for Transfer of Financial Messages (SPFS)».
Ma un «limite intrinseco importante dei due sistemi messi a punto da Mosca rimane quello della gestione dei flussi finanziari a livello transnazionale.
Il MIR gode di scarsa diffusione al di fuori dei confini nazionali, mentre l’utilizzo esclusivo del SPFS, sebbene conti oggi più di 400 intermediari finanziari, riduce comunque notevolmente la possibilità di interscambio per gli istituti russi. Il sistema, di fatto, viene utilizzato principalmente da istituti nazionali per la gestione di pagamenti cross-currency con i Paesi dell’Unione Economica Eurasiatica, oltre che da filiali di banche russe site in Germania e Svizzera», spiega Rigoni.
«Sullo scacchiere internazionale,- fa notare l’esperto- in linea con la recente volontà espressa di voler collaborare alla creazione di una nuova moneta internazionale, soltanto la Cina sembra aver mostrato segni di apertura nei confronti di tali sistemi, siglando con MIR un accordo di collaborazione con il proprio sistema Unionpay.
La stessa Cina, tuttavia, sebbene faccia affidamento da anni sul proprio sistema CIPS (Cross-Border Interbank Payment System), rimane comunque vincolata all’utilizzo di SWIFT per la gestione di transazioni in entrata e in uscita dal Paese».
Il sistema SWIFT è davvero determinante nelle relazioni geopolitiche globali? «Nonostante- prosegue Rigoni- la presenza di sistemi alternativi, allo stato attuale, SWIFT mantiene una rilevanza strategica fondamentale per garantire la sicurezza finanziaria di istituti finanziari e intere nazioni. Estromettere una banca da SWIFT, nel mondo di oggi, è un po’ come privare un utente della propria connessione Internet.
Infatti, mentre i flussi monetari sarebbero teoricamente possibili, senza le informazioni complementari che consentono di accertare l’affidabilità delle transazioni, una banca non risulta in grado di operare. L’utilizzo di canali di comunicazione alternativi quali telefoni, app di messaggistica o e-mail sarebbe in teoria percorribile, ma non risulterebbe una scelta adeguata alla dinamicità dell’attuale sistema finanziario globale, comportando una diminuzione in termini di volumi di transazioni gestite e aumento dei costi».
In questo contesto Mosca potrebbe usare le criptovalute per aggirare il blocco parziale di SWIFT?
«Se in un primo momento- continua Rigoni- la Banca Centrale Russa ha proposto di bandire l’utilizzo delle criptovalute dal sistema finanziario nazionale, dopo le sanzioni applicate dall’Occidente Putin sembra invece essersi mostrato più aperto all’utilizzo di tali strumenti», scrive Rigoni.
«Tale alternativa, infatti, potrebbe consentire di aggirare in maniera effettiva il limite di transnazionalità posto dai due sistemi (MIR e SPFS) già attivi a livello nazionale, anche se alcuni dubbi rimangono sulla sostenibilità di un’intera nazione sulle infrastrutture attualmente esistenti, così come sulla trasparenza del sistema blockchain che potrebbe complicare le attività di entità poste sotto sanzioni, come la Russia».
«Sembra chiaro dunque come, almeno nel breve termine, il fenomeno della “balcanizzazione” dei sistemi di pagamento promosso da diverse nazioni a livello globale come per il caso russo, possa solo in parte ridurre gli impatti subiti su entrambi i fronti (russo e occidentale) dovuti all’estromissione da SWIFT, non essendo tali sistemi ancora del tutto maturi e largamente diffusi per potervi competere in maniera effettiva», conclude l’esperto.
a cura della redazione