Dal 1952 il Trento Film Festival esplora una pluralità di linguaggi e di forme espressive, per raccontare le mille sfaccettature delle culture di montagna: edizione dopo edizione, sono moltissime le mostre organizzate direttamente, ospitate o promosse, che arricchiscono la programmazione della rassegna e permettono al pubblico non solo di approfondire tematiche di grande interesse, ma anche di conoscere affascinanti luoghi di Trento, in una sorta di sentiero che si snoda per tutta la città.

La mostra principale di questa 70. edizione è “Scalare il tempo. 70 anni di Trento Film Festival”, allestita negli spazi de Le Gallerie di Piedicastello a cura della Fondazione Museo storico del Trentino e del Trento Film Festival, che sarà inaugurata venerdì 22 aprile alle 17.30 e rimarrà aperta fino al 29 gennaio 2023, grazie al supporto di ITAS Mutua, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Montura e Trentino Marketing.

All’inaugurazione sarà presente anche l’associazione Umanofono, diretta da Maura Pettorruso, che in due brevi momenti di reading ripercorrerà le tappe principali del Trento Film Festival dal 1952 al 2021.

Con questa mostra, Trento Film Festival e Fondazione Museo storico del Trentino intendono riflettere sui settant’anni di una rassegna che, nata nel 1952, è cresciuta assieme alla città di Trento. Il Festival della montagna nasce come manifestazione e si afferma come istituzione, contribuendo a fare della città di Trento la capitale della cultura di montagna, sia locale sia internazionale.

Luogo di incontro tra persone e Paesi differenti, il Festival, prima rassegna di cinematografia di montagna al mondo, ha saputo innovare, esplorare nuove tendenze e nuovi scenari, anticipare i cambiamenti, promuovere la cultura dell’ambiente e del mondo alpino a 360 gradi.

Tutto questo, mediante l’uso di differenti linguaggi: il cinema, la fotografia, l’arte, la musica e l’editoria di montagna.

La mostra, curata da Alessandro de Bertolini e Sara Zanatta, non segue un andamento cronologico ma propone un viaggio nelle esperienze e nella vita del Festival, diviso in tre capitoli narrativi e in quindici parole-chiave. Le prime due macro-aree, Montagna e Festival, sono contenute in quattro grandi strutture che si alzano fino alla volta della galleria bianca e portano la lettura fino a sei metri di altezza: immagini di Trento in bianco e nero, volti e imprese dei grandi protagonisti dell’alpinismo, infografiche con le montagne protagoniste al Festival, scatti rubati che nascondono storie ormai dimenticate.

Alla sezione Cinema è dedicata invece una sala di proiezione per ripercorrere le pellicole più discusse, le immagini più emozionanti, le sequenze memorabili di questi settant’anni della cinematografia di montagna sul grande schermo. Un po’ album dei ricordi e un po’ installazione artistica.

Lungo il percorso sono anche collocate: tre grandi pedane di oggetti che raccontano il cinema di montagna ("Le cineprese raccontano” sezione curata con il Centro di Cinematografia e Cineteca del Cai) e la spedizione italiana al K2
(con la tenda e gli oggetti originali prestati dal Museo della Montagna “Duca degli Abruzzi “Cai – Torino), uno spazio di ascolto per ritrovare l’atmosfera del Festival nelle parole dei suoi protagonisti, la lunga parete colorata di rosso che ospita i manifesti di tutte le edizioni (compreso quello censurato a Milo Manara nel 1997) e la parete a volta trasformata in un climbing wall verbovisuale.

«Per intere generazioni di trentine e trentini il Festival è stato una finestra sul mondo: in un’epoca difficile come quella della ricostruzione post-bellica, fu una grande intuizione quella di creare a Trento, piccola città nel cuore delle Alpi, la prima rassegna internazionale di cinema di montagna, grazie all’opera del Club alpino italiano e al sostegno del Comune di Trento» dice Mauro Leveghi, presidente del Trento Film Festival.

«Questa mostra è un omaggio a quella intuizione, a quella capacità di guardare avanti: non a caso abbiamo voluto realizzarla in un luogo della storia cittadina restituito alla contemporaneità, con un taglio interpretativo non
nostalgico e cerimonioso, ma capace di tracciare nuovi sentieri per il futuro, scalando il tempo, come il Festival è sempre riuscito a fare».

«Con il Trento Film Festival abbiamo già collaborato negli ultimi anni, ma questa è stata la prima volta che le due organizzazioni hanno fatto tutta la strada insieme: il Festival ci ha aperto i suoi archivi, ci ha messo in contatto con i testimoni, ha reso possibile la collaborazione con partner importanti a livello nazionale, come la Cineteca del Cai e il Museo della Montagna di Torino, ma anche a livello provinciale», dice Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione
Museo storico del Trentino.

«Da parte nostra, abbiamo messo al servizio della storia del Festival la nostra vocazione alla divulgazione museale e lo spazio unico de Le Gallerie, che permette allestimenti scenografici ma è anche un elemento significativo della memoria urbana della città… un luogo adatto insomma per restituire settant’anni del Film Festival alla città di Trento e al
Trentino».

«Guardiamo verso l’alto quando abbiamo in testa qualcosa di importante oppure un nuovo traguardo, è un atteggiamento piacevole. L’allestimento cerca di ricreare proprio questa sensazione» spiega Alessandro Gatti, designer e direttore creativo di doc, lo studio che ha curato l’allestimento.

«Una grande installazione all’interno della Galleria Bianca che si sviluppa verso l’alto come una serie di vette allineate.

La montagna all’interno della montagna, così che ci ritroviamo a percorrere lo spazio tenendo gli occhi alzati e non cercando l’uscita, perché ci sentiamo liberi.

Quattro grandi strutture si alzano fino alla volta, possiamo girarci attorno oppure attraversarle passandoci sotto.

Ogni parete è inclinata e diventa una sorpresa perché ci parla attraverso testi e immagini che diventano grandissimi e portano la lettura fino a sei metri di altezza.

Dai grandi monitor qualcuno ci guarda, possiamo ascoltare delle voci avvicinandoci a delle strutture che penzolano dalla volta, le due pareti della galleria per tutta la lunghezza diventano una parete di arrampicata e un red carpet verticale».

La mostra non sarebbe stata possibile senza la collaborazione di istituzioni e privati che hanno prestato oggetti e concesso i diritti per fotografie e filmati: il Centro di Cinematografia e Cineteca del Cai – Club alpino italiano, il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” Cai – Torino, l’Archivio Storico Luce Cinecittà, RTS Radio Télévision Suisse, la SAT e la sua Biblioteca, l’Archivio fotografico storico provinciale, la signora Licia Faganello, il Premio ITAS del Libro di Montagna.

a cura della redazione

Written by giovanni47