Un grido di allarme per l’aumento dei costi di energia e materiali (+10%), ma anche uno sguardo positivo sul futuro con la fine delle restrizioni per il Covid e la prossima vendemmia che potrebbe riportare la produzione intorno agli 800 mila ettolitri, dopo cinque anni di calo. E’ quanto emerso dal mondo produttivo del Chianti in occasione dell’Assemblea dei Soci del Consorzio Vino Chianti che si è svolta ieri nella sede di Confartigianato Firenze. Oltre a fare il punto sulla situazione della produzione e delle vendite del comparto, i soci hanno anche eletto i nuovi consiglieri del Consorzio. Qui la lista in ordine alfabetico per cognome:
Davide Ancillotti (Chiantigiane)
Ritano Baragli (Cantina sociale Colli Fiorentini)
Rolando Bettarini (Fattoria di Piazzano)
Gianluigi Borghini Baldovinetti (Fattoria San Fabiano)
Luca Brunelli (azienda agricola Martoccia)
Giovanni Busi (Fattoria Travignoli)
Bernardo Guicciardini Calamai (Castello di Poppiano)
Vittorio Fabio Carone (Ruffino)
Cino Cinughi De’ Pazzi (azienda De’ Pazzi Cinughi Cino)
Angiolo Del Dottore (cantina Senesi Aretini)
Stefano Fantechi (Cantina sociale Vicas)
Marco Ferretti (La Querce)
Leonardo Francalanci (Fattoria San Michele a Torri)
Filippo Gaslini (soc. agr. Fondiaria S.A.F.T.)
Francesco Gera (Castelli del Grevepesa)
Malcolm Leanza (Vivito soc.coop. agricola)
Tullio Marcelli (La Torre)
Maurizio Masi (Cantine Bellini)
Mario Mori (Cantina dell’Etruria)
Massimo Peruzzi (Cantina vini tipici dell’Aretino)
Mario Piccini (Gestioni Piccini)
Filippo Rocchi (Fattoria Castelvecchio)
Andrea Rossi (Vecchia Cantina di Montepulciano)
Giovanni Sani (Marchesi Frescobaldi)
Massimo Sensi (Sensi Vigne e Vini)
Vasco Torrini (azienda agricola Torrini)
Giovanni Trambusti (Chianti Trambusti)
Alessandro Zanette (Gruppo Italiano Vini)
Gianni Zipoli (Cantine Leonardo Da Vinci)
“Questa situazione con alti costi per l’energia e per i materiali, come bottiglie, sughero e imballaggi, sta indubbiamente portando problematiche alle aziende – ha detto il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, nella sua relazione ai soci -. Abbiamo calcolato un rincaro di circa il 10% sui prezzi che sta frenando il mercato del vino e questo non è certo di buon auspicio visto che tra pochi mesi siamo in vendemmia e questa situazione porta molti pensieri”.
I rincari legati alla guerra in Ucraina e alla mancanza di materie prime pesano sulle aziende che, però, non scaricano i rialzi sul prodotto finale assorbendo loro stesse i costi aggiuntivi e mettendo a rischio la propria redditività. “Fare degli aumenti di costi sullo scaffale del 10% è improponibile – continua Busi -. Anche il prodotto sfuso è aumentato da 130 euro a ettolitro fino a 180-200 a ettolitro. E’ impensabile che il mercato possa accettare un prezzo così elevato”.
Per non frenare le vendite, quindi, le aziende assorbono i rincari, ma rischiano pesanti ripercussioni sulla propria liquidità. Per questo il presidente del Consorzio ha lanciato un appello e una richiesta di aiuto al sistema bancario. “Ci auguriamo che il sistema bancario ci possa dare una mano per traghettare le aziende fuori da questo momento. Chiediamo più erogazione di finanziamenti, la possibilità di posticipare le rate dei prestiti e altre forme di sostegno. La priorità adesso è riuscire a reggere di fronte a questa ulteriore tempesta, che sappiamo essere passeggera, per andare verso un 2023 che sarà più roseo”.
Se da una parte c’è il problema dei prezzi, dall’altra però il mondo si sta riaprendo dopo oltre due anni di pandemia. Durante l’emergenza pandemica il Chianti ha visto aumentare notevolmente le vendite, grazie soprattutto alla spinta proveniente dalla grande distribuzione. “Significa – continua Busi – che la gente apprezza il Chianti e quindi il graduale ritorno alla normalità porterà una nuova crescita del mercato. Anche le aziende enoturistiche stanno vedendo una ripresa, il turismo è in crescita in tutte le zone del Chianti con tantissimi turisti che chiedono di fare tour delle cantine e degustazioni. Senza restrizioni è chiaro che si marcerà più velocemente”.
Altra nota positiva, infine, arriva dalle vigne che quest’anno promettono una vendemmia come non se vedono da cinque anni. “La produzione quest’anno c’è – dice ancora Busi .- Da qui a settembre dobbiamo solo sperare che non ci sia siccità, né le grandinate del passato. Se tutto va bene, l’uva quest’anno c’è e dopo cinque anni si dovrebbe tornare a una produzione normale, intorno agli 800mila ettolitri, e anche questa sarebbe una bella boccata di ossigeno per le aziende della Denominazione”.
a cura della redazione