LE CHIAVI DELLA CITTÀ NEI CAPOLAVORI DI PALAZZO MADAMA

 

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Sala Senato

Piazza Castello – Torino

 

24 febbraio – 10 aprile 2023

 

 

 

 

 

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, dal 24 febbraio al 10 aprile 2023, un inedito sguardo sulle sue collezioni civiche e la loro storia attraverso una selezione di opere emblematiche, in un percorso che accompagna il visitatore da La porta della Città nella Corte Medievale a Le chiavi della Città nella Sala del Senato: chiavi reali e allegoriche, che consentono di aprire la porta di Torino e poi svelarne l’animo attraverso quanto nel tempo si è deciso di conservare, poiché le opere non vanno solo viste, ma anche guardate.

 

“Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze”.

 

È questa la definizione di Museo approvata a Praga il 4 agosto 2022 dall’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM – International Council of Museums. Una definizione cui Palazzo Madama sta dando concreta applicazione con quanto programmato negli spazi della Corte Medievale e negli ambienti del piano nobile, in un processo di sviluppo di cittadinanza attiva iniziato nel 2022, che prosegue con progetti allestitivi, incontri e dialoghi a restituire il tessuto connettivo della Torino contemporanea, oltre a vedere la genesi di un preciso progetto espositivo in Sala Senato.

 

Il 4 giugno 1863 nasce il Museo Civico di Torino e fin dal 1878 gli viene dato un compito preciso: testimoniare la storia della città di Torino e la sua evoluzione nei millenni attraverso un percorso inevitabilmente intessuto sulla grande storia dell’artigianato artistico, quello che dà vita alle cosiddette arti applicate.

 

Se il percorso non può che principiare dall’elemento simbolico di questo passaggio – l’esposizione delle chiavi e della mazza della Città di Torino – da qui si procede in un racconto che intesse capolavori paradigmatici e opere che, pur essendo di rilievo assoluto, appaiono da secoli avvolte in una sorta di cono d’ombra, poco percepite nella loro eccezionalità.

 

Un viaggio dipanato dalle parole chiave della definizione di Museo dell’ICOM.

 

Ecco allora il Tesoro di Desana, abitualmente conservato nella Torre dei Tesori ipogea di Palazzo Madama: uno dei più straordinari complessi italici di gioielli del periodo posteriore al 476 d.C, capolavori fondamentali nell’evidenziare l’altissima qualità dell’arte europea allo spegnersi dell’epoca tardo antica, oltre che testimonianza della guerra fra Bisanzio e gli Ostrogoti, una delle tante microstorie che hanno fatto la Storia. Per quasi 1.400 anni sepolto, ritrovato arando un campo, e scoprendosi così l’amore tra un nobiluomo romano, Stefano, e una gentildonna ostrogota, Valatrudi: una coppia singolare, nell’Italia di Teodorico.

 

Segue la sala dedicata al Piacere, alla contemplazione e alla visione con la capacità di indagare l’Io, l’intima essenza dell’uomo di Antonello da Messina, artefice di un’opera che anticipa di una generazione i ritratti di Leonardo, segnando inequivocabilmente il valore di un’arte e le primogeniture d’invenzione e ruoli.

 

L’ambiente connesso al Ricercare è consacrato a Filippo Juvarra, artefice della trasformazione di Torino in capitale e qui protagonista attraverso una selezione dei 644 fogli in cui il grande architetto sviluppa costantemente ogni dettaglio, in uno studio che dalle prime idee e pensieri si articola in schizzi, rilievi e progetti che deflagrano in vedute di fantasia, scenografie e ornati. Si potranno ammirare il disegno della facciata di Palazzo Madama – ora oggetto di un complesso restauro – e i fogli dedicati alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, presentata con un magnifico modello in scala 1:500.

 

La sala dedicata al Collezionare è dedicata al principale artefice delle collezioni civiche e del loro preciso indirizzo nell’ottica di museo d’arti applicate: quell’Emanuele Taparelli d’Azeglio che, da ministro plenipotenziario italiano a Londra, ove sarà artefice della fondazione di club quali il Fine Arts Club e il celebre Burlington Club, rientrato a Torino donerà non solo le proprie raccolte di porcellane, maioliche e vetri dipinti e dorati, ma avrà la volontà di fare della propria passione privata una missione civile. Accanto alla sua figura quella di uno dei grandi donatori di opere extraeuropee: con Zaverio Calpini giunge a far parte delle collezioni del Museo Civico un formidabile nucleo di opere provenienti dagli stati messicani del Veracruz e del Tabasco, culla nel periodo pre-classico della ‘cultura-madre’ di tutta la Mesoamerica, capace con la sua arte di influenzare le successive civiltà dell’area. Un insieme che, al di là dell’eccezionale valore storico-artistico, pone oggi molte domande sul ruolo di un Museo civico occidentale, cui si sta cercando di dare risposta con i progetti in Corte Medievale.

 

Nella sezione successiva, quella dell’Educare, si è deciso di porre al centro l’ebanisteria piemontese del Settecento e la straordinaria fortuna delle opere di Pietro Piffetti, in cui perizia tecnica e fantasia inventiva si uniscono con risultati di estrema eleganza, mostrando quanto sia complessa l’esecuzione dei suoi capolavori e quale ruolo educativo abbia ancora la bottega.

Si fa riferimento anche ai materiali usati dall’artista, narrando la provenienza dei legni, in molti casi esotici: dalle conchiglie importate dal Golfo Persico e dal Mar Rosso alla tartaruga dall’Oceano Indiano e dai Caraibi fino alla madreperla dalla costa occidentale dell’India.

 

La conclusione non può che essere in due sale: quella del Conservare, consacrata all’eccezionale figura di Vittorio Viale, uno tra i massimi direttori museali del Novecento – e alla sua tutela del patrimonio torinese –  giunto a salvaguardare le ringhiere cadute nei bombardamenti di Torino: capolavori esse stesse dell’arte del ferro piemontese; e quella del Condividere, del donare: poiché è sulle donazioni che si è fatto il Museo civico, cui è stata data un’anima da ogni cittadino, da ogni torinese che in esso ha visto il prosieguo della propria storia, della propria memoria, della propria identità.

a cura della redazione

Written by giovanni47